Corriere di Verona

Hellas, un punto (e due traverse)

Serie A Al Bentegodi l’anticipo serale finisce in bianco però le emozioni non mancano: è un Verona che piace e che colpisce due legni, poi è la Roma a centrare il palo nel finale

- Fontana

Questo Hellas già somiglia a quello che è stato nella passata stagione. Tenace, organizzat­o, solido: fa paura alla Roma, la ferma sullo 0-0 e nel conto della partita ha pure qualche rimpianto.

La vittoria? Sarebbe stata meritata. Ivan Juric è un uomo di buone letture e riferiscon­o i suoi biografi che nella sua libreria figurino anche i grandi romanzieri russi. A calzare all’avvio di campionato di questo Verona che resta un work in progress è una frase Lev Tolstoj: «I più forti tra tutti i guerrieri sono il tempo e la pazienza». Tempo e pazienza, già. Il primo se ne va e, se ne sai fare buon uso, ti migliora. La seconda è un’arte da mettere da parte. Con queste basi, l’Hellas può fare parecchia strada. Si ricordi che il Verona, oltre agli innesti in rosa che vanno effettuati, sconta il peso degli infortuni, tra le assenze di cardini essenziali del gioco rapace di Juric (Darko Lazovic) e quelle di alcuni nuovi arrivati (Marco Benassi e Giangiacom­o Magnani). Alla Roma, se pure mancano Nicolò Zaniolo e Diego Perotti, se Paulo Fonseca aspetta che torni Chris Smalling, non pago dell’ingaggio di Marash Kumbulla, fresco di commosso saluto al Verona che l’ha accudito e cresciuto fin dall’infanzia, la platea di campioni che ha in mano l’allenatore gialloross­o è pur sempre ottima e abbondante.

Si comincia così, nel consueto paesaggio lunare di uno stadio privo di pubblico, con il Verona che, recepita l’ordinanza di riapertura decretata dalla regione Veneto (mille persone ammesse, compresi giocatori, staff, addetti e operatori della comunicazi­one) ha «dilatato» l’accesso a chi ha compiti interni al club, non potendo sbloccare la vendita dei biglietti nel giro di poche ore. In tribuna ci va anche Juric, fermo per squalifica, residuo dell’espulsione rimediata nell’ultima partita del campionato scorso con il Genoa. Si siede sui banchi per la stampa e dà vita a uno show, tra urla, indicazion­i e richiami a volume da concerto metal: una lezione magistrale di calcio e per timpani forti. Guida la squadra con piglio da comandante di corvetta, la pilota attraverso i marosi, le onde alte che la Roma fa salire con Veretout e Mkhitaryan, spiega a a Di Carmine dove andare e a Tupta come attaccare. Proprio Tupta ha sul piede la palla che darebbe il «la» al vantaggio del Verona: ne viene fuori, però, una bolla di sapone, floscia, facile preda di Mirante.

Non lo è, invece, il tiro di Tameze che sbatte sulla traversa. L’Hellas c’è e si morde il labbro per l’occasione che scivola via beffarda e malandrina. Resta un Verona che dimostra di avere un’identità chiara e che si appoggia al gruppo «storico», che non ha perso davvero una sola briciola di quello spirito Hellas che è un invito alla battaglia per Juric. Entra Zaccagni per Tupta, accelera il flipper del Verona, Davide Faraoni sfiora l’affondo vincente in corsa, la pressione sale. Di Carmine spreca di testa, dopo è ora di nuovi cambi: ecco Barak (per Tameze, ma chiuderà da centravant­i) e Ruegg (al posto di Gunter). La Roma, tuttavia, è una lupa che esce dal bosco, feroce e affamata, e Silvestri deve fare un miracolo per fermare Pellegrini. La partita è una voragine, Dimarco prende la traversa e, con l’identica botta, anche il palo, ma lo stesso fa Spinazzola.

Finisce così, legni e traverse, emozioni, un punto a testa e niente gol. Ma è un Verona pieno di coraggio.

L’ex Niente emozioni in campo per Max Kumbulla, rimasto in panchina con la Roma fino alla fine

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In azione Al centro con la palla Faraoni
 ?? (foto Lapresse) ?? Al Bentegodi Samuel Di Carmine cerca la battuta acrobatica a rete sull’uscita di Mirante, stretto nella morsa dei difensori della Roma
(foto Lapresse) Al Bentegodi Samuel Di Carmine cerca la battuta acrobatica a rete sull’uscita di Mirante, stretto nella morsa dei difensori della Roma

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