Viola: «Troppo presto, serve molta prudenza»
Tifosi di nuovo negli stadi, anche se seduti con la mascherina e a debita distanza: «È troppo presto». Antonella Viola scuote la testa. E non in segno d’approvazione. Immunologa, professoressa di Patologia generale all’Università di Padova e direttore scientifico dell’Istituto di ricerca pediatrica, da mesi Viola mette in guardia sui comportamenti da adottare, per ridurre al minimo il rischio di contagio.
Dottoressa, perché ritiene prematuro il ritorno del pubblico negli impianti sportivi? In fondo, tutto – o quasi - è già stato riaperto.
«Il punto è proprio questo: non possiamo mollare contemporaneamente su tutto, le riaperture si fanno con gradualità, quando i contagi sono in diminuzione, cosa che non sta accadendo in questo momento. E poi i bimbi e i ragazzi sono appena rientrati in classe, le università sono in procinto di riattivare corsi e laboratori (domani a riaprono gli atenei di Padova e Verona, ndr): dobbiamo attendere per verificarne l’impatto».
Stiamo rischiando troppo?
«A mio avviso sì, rischiamo di avere tra un mese 6 o 7mila casi. Avrei aspettato per avere un quadro più chiaro su come va con le scuole e ormai sappiamo che 15 giorni è il tempo necessario a capire. Il combinato disposto di scuola, trasporti e stadi potrebbe essere pesante».
Lei parla di gradualità delle riaperture, ma dopo il lockdown molti step sono stati saltati.
«Venivamo da mesi di chiusura. E ora si sta facendo come quest’estate con discoteche e locali: abbiamo già visto gli esiti delle aperture in massa. Con in più il fatto che l’effetto del lockdown è passato, le temperature si stanno abbassando e il clima è più favorevole alla diffusione del virus. E i ragazzi sono appena tornati a scuola, i mezzi pubblici sono di nuovo pieni e tutto attorno a noi la situazione non è delle più rosee. In Italia va meglio e non possiamo permetterci di perdere questo vantaggio, nemmeno di richiudere di nuovo tutto».
Dobbiamo allarmarci? «Dobbiamo essere prudenti. In Spagna e in Francia la situazione è terribile. In Germania ieri (venerdì, ndr) ci sono stati 2.200 casi. In Gran Bretagna 4.300 e stanno introducendo lockdown locali. Qui l’aumento è lento ma inesorabile, anche nelle Terapie intensive. La questione non è quale attività aprire e comprendo benissimo la necessità di ripartire per le attività ludicosportive ma tutto va fatto piano piano, altrimenti in men che non si dica ci ritroviamo come la Francia e la Spagna, Paesi un po’ frettolosi nelle riaperture: è un attimo che la curva di contagi
cominci ad imboccare una salita esponenziale. Noi siamo stati molto più cauti: non possiamo permetterci di ritrovarci fra un mese con 5mila contagi al giorno».
A onor del vero, le ordinanze dei presidenti Luca Zaia e Stefano Bonaccini (Emilia Romagna) pongono delle regole ferree.
«Vero ed è ovvio che se negli stadi entrano pochissime persone il problema non si pone ma dipende da come si entra o esce e dall’effettivo rispetto delle precauzioni. Ripeto, tutto sommato aspettare 15 giorni per verificare l’andamento in più mi sembrava una cosa non troppo difficile».