Testamento inguaia due avvocatesse
Il pm: abusarono dell’infermità psichica di un assistito. Parte civile gli eredi legittimi
Due avvocatesse veronesi sono imputate di circonvenzione d’incapace riguardo al testamento redatto da un assistito in stato di infermità psichica. Ieri sono state ammesse all’abbreviato.
Devono difendersi da un’accusa particolarmente spinosa, soprattutto per chi come loro svolge una professione che ruota attorno alla legge. Al banco degli imputati si trovano infatti due avvocatesse del Foro di Verona (di cui omettiamo ogni ulteriore elemento identificativo perché sulla vicenda il giudice deve ancora pronunciarsi, ndr) e nei loro confronti la Procura scaligera ipotizza il reato di circonvenzione di incapace.
Questo perché, in base alla tesi accusatoria, «in concorso» tra loro e allo scopo di «procurarsi un profitto», avrebbero «abusato dello stato di infermità psichica» di un veronese «affetto da schizofrenia paranoide» per «indurlo a compiere testamento a loro favore». Ieri le difese hanno chiesto il rito abbreviato e il giudice lo ha ammesso.
Stando alla ricostruzione delineata dal pubblico ministero Federica Ormanni, «con più azioni in esecuzione del medesimo disegno criminoso», le due legali avrebbero «approfittato della debolezza sul piano affettivo» dell’assistito: da un lato, viene ipotizzato nel capo d’imputazione, avrebbero assecondato «le sue intenzioni di ottenere un cambiamento della terapia indicata dal Servizio di salute mentale»; d’altro canto, l’avrebbero indotto «a redigere testamento olografo a proprio favore».
Dopodiché, prosegue la versione accusatoria che le difese (rappresentate dagli avvocati Marco Pezzotti e Mirko Zambaldo) tenteranno di smontare durante la discussione in aula programmata per dicembre, le due imputate avrebbero fatto redigere all’assistito«una ulteriore scheda testamentaria, con requisiti tali da non essere aggredibile dagli eredi legittimi, corredandola di accertamento sulla capacità a testare e curandone la spedizione a mezzo raccomandata, ai fini di assicurarne la certezza sulla data, presso il proprio studio professionale».
In seguito, stando all’accusa, avrebbero «omesso la restituzione» dell’atto alla vittima «nonostante la sua esplicita richiesta» e inoltre l’avrebbero indotta «a variare a loro favore il nominativo del beneficiario di una polizza assicurativa del valore di circa sessantamila euro». Avrebbero effettuato ciò «in pregiudizio degli eredi legittimi», che ieri mattina nel corso dell’udienza che ha preso il via davanti al giudice Paola Vacca si sono costituiti parte civile con i legali Matteo Nicoli e Sara Natale. I fatti (sulla cui fondatezza o meno, ricordiamolo, finora il giudice deve ancora esprimersi, per cui l’uso del condizionale è al momento d’obbligo, ndr)si sarebbero svolti a Verona a cavallo tra l’ottobre 2017 e il maggio 2018.