Le cicatrici del nubifragio
Daniele Iattarelli ha lasciato il laboratorio di vicolo Cigno, mentre in città piante e detriti restano in strada. Richieste danni per 6 milioni
Era domenica, un mese fa. Quella del 23 agosto. E Daniele fluttuava con la grandine che gli raschiava la gola in vicolo Cigno, a Santo Stefano. Fu facile pronosticargli che sarebbe diventato un simbolo. Emblema, suo malgrado di quelle cataratte di acqua e di ghiaccio trasportate dalla furia del vento che si abbatterono sulla città, fino a ridisegnarne il volto. Quello ferito che Verona mostrò con le strade allagate, gli alberi abbattuti,i muri corrosi dalla bufera. Trenta giorni, da allora. Hanno i crismi di ogni ferita, quelle riportate da una città che non aveva mai conosciuto una furia simile. E chi pensava che la «cicatrizzazione» sarebbe stata un processo alquanto veloce, si sbagliava di grosso. Daniele Iattarelli, l’odontotecnico che di quella tormenta è simbolo, lo sa bene. Quel laboratorio in vicolo Cigno lo ha lasciato. «Ogni volta che pioveva era un problema - racconta - E io a quella domenica ci penso ogni giorno». Sta facendo girare la pagina Daniele. Grazie anche ai 30mila euro che sono stati raccolti per lui con una colletta. «Sono ripartito praticamente da zero, anche grazie a del materiale che mi hanno regalato dei colleghi. Ma quella domenica ne ho buttato via per 140mila euro». E se alcuni squarci si stanno rimarginando, ha ferite ancora aperte, Verona, per quella furia. Hanno le fattezze di alberi caduti e non ancora raccolti o di bordi di marciapiedi con i tombini ancora soffocati dai detriti. Come quelli che spazza Ahmed. Richiedente asilo, fino al 23 agosto spazzava foglie e fogli dalle strade in cambio di qualche spicciolo, Ahemd. Ma da quella domenica è diventato anche lui una sorta di simbolo. Almeno per Piero, anziano veronese «de soca», che a quel «moretto» - come lo chiama - ha comprato le scope di saggina, «perché sta facendo lui il lavoro che dovrebbe fare il Comune. Se non fosse per Ahmed ci sarebbero i marciapiedi pieni di rami e di detriti che per i vecchi come me sono tagliole». Stringono i denti non senza ostiare alcuni residenti delle Torricelle, che non possono contare neanche su Ahmed.
«Forse non si è capito cosa è successo un mese fa», s’inalbera - verbo quanto mai adatto all’occasione - il presidente di Amia, Bruno Tacchella. È la sua azienda ad essere finita nelle giaculatorie dei veronesi. Ma lui spiega che «abbiamo dato precedenza a puliture urgenti: quelle delle strade, dei parchi gioco, delle aree verdi di nidi e scuole materne che avrebbero riaperto pochi giorni dopo. Sono caduti circa 500 alberi. Alcuni
per essere tagliati e smaltiti richiedono un giorni di lavoro. Il calcolo diventa facile. Ci vorrebbero 100 persone, ne ho 50. Dopo i primi interventi provvidenziali di vigili del fuoco, protezione civile e volontari adesso è tutto in capo a noi. E i nostri dipendenti devono seguire anche la manutenzione ordinaria che non si è fermata. Abbiamo smaltito 5mila tonnellate di legname, rimesso in sesto 137 aree verdi. Sono state ripulite circa 3mila caditoie, abbiamo fatto delle gare e ci sono alcune ditte che ci aiuteranno nei lavori. Una delle cooperative che ci affianca sta girando la città con un cestello per controllare i rami pericolanti di tutti gli alberi. E a Verona parliamo di 60mila piante. In ogni caso stiamo procedendo a spron battuto e sulle Torricelle gli interventi inizieranno a giorni». E a proposito di qiorni sono due quelli che mancano alla consegna in Regione delle richieste di danni che il Comune ha raccolto e che sono al vaglio della protezione civile. Circa 600 quelle dei privati, con una stima di circa 2 milioni e 800 mila euro per gli immobili e un milione e 200mila euro per i beni mobili; 55 domande per le attività produttive, con una stima di un milione 880mila euro. Altre 500 domande devono essere inserite, mentre altre ne stanno arrivando via pec. Ultimo tassello per suturare le ferite del 23 agosto. Mentre per oggi e domani è scattata una nuova allerta meteo.