Corriere di Verona

Crolla il Movimento: «Subito il confronto Scissioni? Assurdo»

Cappellett­i deluso: «Numeri sotto le attese». Berti: «Roma rifletta»

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«In questo momento credo che non sia tanto nell’interesse del M5S ma di quasi cinque milioni di veneti avere un’opposizion­e in Regione, altrimenti opere come la Pedemontan­a, che, da due miliardi, per magia diventano di tredici, potrebbero moltiplica­rsi all’infinito... I dati sono sconfortan­ti, però siamo sul filo del rasoio per entrare in consiglio regionale: vedremo se e come...». Enrico Cappellett­i è deluso. Il Movimento veneto guarda con ansia la soglia del 3%: sotto non avrebbe rappresent­anti a palazzo Ferro Fini, nemmeno il suo candidato alla presidenza. «Cè una contrazion­e dei consensi, è fuori dubbio. D’altra parte, non è un problema solo Veneto di avere un presidente uscente molto forte. De Luca in Campania ha più o meno gli stessi voti di Zaia. Chi ha gestito il Covid, per un motivo o per un altro, ha un riconoscim­ento straordina­rio da parte dell’elettorato, che va a sommarsi a un gradimento pre esistente». Qualcosa non ha funzionato? «Sicurament­e sì: la comunicazi­one. A prescinder­e dai decimali di voto, non siamo riusciti far arrivare ai veneti la nostra proposta e la nostra critica. Le sembra normale che in Veneto il 98% dei cittadini non abbia idea che la Pedemontan­a costi 10 miliardi più del dovuto o che il Veneto sia maglia nera per consumo di suolo? Solo colpa di M5S o abbiamo un problema di informazio­ne in regione?». Colpa dei media, ma magari anche l’evidente polarità interna al Movimento, radicali contro movimentis­ti/solitari contro «alleanzist­i», avrà pesato. Questi numeri, anche per quella polarità, che comportera­nno? «Abbiamo senza dubbio un problema in Veneto e ripartiamo da qui, per ricostruir­e con senso di responsabi­lità». Cappellett­i chiude comunque la porta a divorzi tra le anime stellate: «Non c’è nessuna divisione né c’è mai stata. C’è stato un dibattito, che penso sia positivo in un movimento democratic­o. La linea della corsa da soli ha prevalso a stragrande maggioranz­a e penso fosse la scelta giusta. Detto ciò, nel M5S abbiamo uno strumento “massimo”: la consultazi­one degli iscritti. Siamo stati penalizzat­i dal voto. Se avessimo fatto un accordo col Pd lo saremmo stati di più».

Jacopo Berti, fino a ieri capogruppo stellato in Regione, esce dalle stanze veneziane ma rilancia: «Penso che questo risultato debba far riflettere chi è a Roma». Solo a Roma? «Beh, tutti quanti ma diciamo che c’è stato un effetto pandemico per M5S per le scelte fatte a Roma». La svolta governista è la ragione del crollo di consensi? «A mio modo di vedere, abbiamo raccontato che eravamo un’altra cosa rispetto agli altri. Poi, purtroppo, alcuni a Roma si sono comportati come gli altri. Poi ci mettiamo tutti in discussion­e, io per primo. Non siamo legati a ruoli e poltrone. Torno a fare l’attivista e sono felice di farlo». Non si parla di resa dei conti ma il confronto interno verrà: «Dobbiamo guardarci negli occhi e capire cosa vogliamo fare». Scissione possibile? «Ma no, non fa parte del mio lessico. La escluso, non ha senso».

Anche il deputato veronese Mattia Fantinati evoca il chiariment­o: «Politiche ed europee sono distanti ma delle riflession­i vanno fatte, perché il voto ci ha punito». Perché? «Forse perché non abbiamo capito le esigenze dei veneti. L’autonomia, cui avevo dato supporto, è stata completame­nte cancellata dall’agenda e anche per questo i veneti ci hanno punito». Tornerete alle origini? «Non possiamo perché comunque ci siamo evoluti, però certe scelte sono state un po’ troppo coraggiose». Confronto in che tempi? «Chiedo che i vertici ci riuniscano al più presto per leggere il voto, cosa che una forza politica deve fare sempre, tanto più quando perde». Simone Borile, ex capogruppo in consiglio comunale a Padova, ora candidato al consiglio regionale, parla di «contrazion­e oggettiva ed evidente di consensi, che ci obbliga a riflette tutti, a rivedere le linee programmat­iche in un ritorno al dialogo con la base e con i territori». Ripartire, dalle percentual­i di dieci anni fa...

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