Il pentito: i carabinieri chiedevano favori a Donadio
«Luciano Donadio non aveva solo un’amicizia con il poliziotto Moreno Pasqual. Aveva anche buoni rapporti con i carabinieri locali, che andavano da lui a chiedere di sistemare le cose». Il sandonatese Christian Sgnaolin, per quasi vent’anni braccio destro del presunto boss dei casalesi di Eraclea, ha proseguito ieri la sua lunga testimonianza da «pentito» nel processo in corso in aula bunker. E rispondendo alle domande dell’avvocato dello Stato Guido Di Biase, ha riferito che alcuni militari dell’Arma avrebbero avuto contatti con Donadio, informandolo sulle indagini in corso e chiedendogli dei favori. «Lo chiamavano se c’erano spacciatori o gente che faceva casino e infatti a Eraclea i pusher erano spariti», ha aggiunto. Sgnaolin, interrogato dall’avvocato della Regione Veneto Giuseppe Lombardino, ha poi raccontato dell’incontro del 2001 con Nicola Schiavone, cugino di Francesco «Sandokan». «Eravamo io, Donadio, Raffaele Buonanno e Antonio Pacifico - ha proseguito - Io e Pacifico restammo in disparte, mentre gli altre tre parlavano. Poi Donadio ci disse che quello era il nuovo reggente dei casalesi». Sandokan infatti era stato arrestato nel 1998 e da allora è rimasto in carcere. «Nel 2005 invece ci fu un incontro con i fratelli Bianco - ha detto, citando Cesare e Augusto, anche loro boss della camorra - li ho visti a casa di Donadio».
Sgnaolin ha parlato poi anche di Fabio Gaiatto, il finto broker accusato di una maxi-truffa a tremila clienti, del faccendiere Samuele Faè («uno che è passato da essere povero in canna a milionario») e di Claudio Casella, ex carabiniere diventato un chiacchierato immobiliarista. «I casalesi avevano un credito con Gaiatto - ha spiegato - Donadio tutelava Faè e disse ai casalesi che prima di restituire i soldi agli altri bisognava darli a Faè». Casella invece l’aveva visto al punto Snai e a pranzo. «Una volta siamo andati da Loris Candian (imprenditore dei rifiuti più volte coinvolto in indagini giudiziarie, ndr) per proporgli l’acquisto di alcune proprietà di Casella, che aveva problemi finanziari - ha aggiunto - So che Casella e Donadio parlavano anche di operazioni con le banche inglesi».
L’udienza si era invece aperta con un colpo di scena. L’imputato Giorgio Di Giacomo ha infatti dichiarato che un paio di settimane fa, tramite una terza persona, è stato contattato da Girolamo Arena, il vero «pentito» (nel senso che è stato messo sotto protezione, mentre Sgnaolin non ancora) di questo processo, per vedersi di persona prima della sua testimonianza all’udienza del 16 settembre scorso. Sul fatto sono in corso indagini.
L’imputato Due settimane fa sono stato contattato da Arena tramite un amico per vederci prima della sua deposizione