Corriere di Verona

Se Venezia è il rifugio da Trump

Nel romanzo la protagonis­ta dopo le elezioni del 2016 scappa dall’America

- di Sara D’Ascenzo

«La campagna non è abbastanza lontana. È dal paese, da questo paese, che me ne devo andare. Ci ho pensato tutto il giorno, dov’è un posto al mondo in cui non sentirò nemmeno l’eco di quei festeggiam­enti? E l’ho trovato. Venezia». Eva Lindquist ha passato i cinquant’anni, vive a Park Avenue e ha una casa di campagna nel Connecticu­t, entrambe rifinite dal gusto del suo arredatore, Jake. Nel 2016 la scoppola elettorale subita dai democratic­i con l’elezione di Donald Trump alla Casa Bianca la coglie totalmente impreparat­a. E l’impatto emotivo in lei, che rappresent­a in tutto e per tutto l’identikit dell’elettore tipo di Hillary Clinton - bianca, benestante, democratic­a - sarà tanto forte da spingerla a cercare rifugio a Venezia. Eva è la protagonis­ta del nuovo romanzo di David Leavitt Il decoro (Sem, 349 pagine, 17 euro) titolo che in americano suona come «Il rifugio». E Venezia rappresent­a per la protagonis­ta quel rifugio che con Trump alla guida dell’America sembra mancarle. Negli Usa il libro del professore di scrittura creativa che al suo esordio fu tenuto a battesimo da Fernanda Pivano, uscirà proprio alla vigilia della nuova tornata elettorale del 3 novembre, a differenza dell’Italia dove circola da qualche settimana.

Un romanzo fatto di dialoghi, in cui sono serrate le descrizion­i della vita nella Grande Mela con i suoi tic e le sue nevrosi - una per tutte, la scena della presentazi­one di un libro a Brooklyn - ma soprattutt­o c’è Venezia come terra promessa per l’idea di democrazia (e di fuga) che Eva si è fatta della città. «Alloggiava­no a un hotel a quattro stelle a Dorsoduro - si legge nel romanzo -. Per cinque giorni non lessero il giornale. Non accesero la tv. Ogni mattina visitavano i musei o i luoghi sacri: l’Accademia, i Frari, la Scuola di San Giorgio degli Schiavoni con gli affreschi di San Giorgio che colpisce il drago e lo consegna, ancora vivo, ai Mamelucchi». Dopo la prima visita con l’amica Min, Eva torna a New York con un progetto: comprare una casa nella città che le appare come un rifugio: un appartamen­to in un palazzo affacciato sul Canal Grande e su un giardino. Un’idea che si rivela complicati­ssima e diventa subito fonte di contrasti col marito Bruce, che finisce per considerar­e il desiderio di Eva, «una crisi isterica molto costosa». «Credo che alla base ci sia l’immagine che si è fatta di se stessa a Venezia, - dice Bruce nel romanzo riferendos­i alla moglie - come quella delle americane che ci sono andate a vivere. È diventata una fissazione. La sua stella polare».

Al lettore italiano - e veneziano in particolar­e - non sfuggirà che la Venezia di Leavitt è a sua volta una Venezia letteraria, un incrocio moderno tra Morte a Venezia ti Thomas Mann e Amicizie profane di Harold Brodkey. Perché a mano a mano che l’intreccio va avanti si scopre che Venezia rappresent­a qualcosa non solo per Eva, ma anche e soprattutt­o per il suo arredatore, Jake, che nella città ha vissuto un dramma che non è mai riuscito a superare. E poi c’è la Venezia di Bruce, che si vede recapitare un conto che sfiora il milione di dollari e non manca di sottolinea­re le pratiche tutte italiane in uso per l’acquisto delle case: «Possiamo addirittur­a riavere l’anticipo. E ci sono delle buone ragioni per farlo, una delle quali, e non da poco, è che comprare un immobile in Italia è follia. Pura follia. Tanto per fare un esempio, da quelle parti quando compri una casa il prezzo nel contratto non è quello che paghi in realtà. È molto inferiore, è soltanto una parte di quello vero. Quando si stipula il contratto, dopo che l’acquistant­e e il venditore hanno firmato, il compratore dà al venditore un assegno per il prezzo ufficiale, e poi gli avvocati o i notai, o come si chiamano, escono per un tra-virgolette espresso, così che il compratore e il venditore possano scambiarsi il resto dei soldi in nero».

Ma Venezia resta soprattutt­o la possibilit­à di un’isola, il luogo da cui per tutti i personaggi del libro, non solo per Eva, può esserci un nuovo inizio. «E così abbiamo camminato e tutto ciò che sentivamo era il rumore degli schizzi d’acqua, il ticchettio dei nostri tacchi, i gatti che miagolavan­o, e tutto quello che a casa mi terrorizza­va sembrava lontanissi­mo, come se non potesse sfiorarmi: l’insediamen­to, la festa dei Warriner, era come se tutto stesse accadendo su un altro pianeta o non stesse accadendo affatto...».

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Credo che alla base ci sia l’idea che si è fatta della città. È diventata una sua fissazione

 ??  ?? Sullo schermo Nella foto grande una scena tratta da «Tempo d’estate» di David Lean. Anche nel film Venezia è simbolo di rinascita
Sullo schermo Nella foto grande una scena tratta da «Tempo d’estate» di David Lean. Anche nel film Venezia è simbolo di rinascita

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