Corriere di Verona

Padre e figlia volontari per testare il vaccino

Entrambi volontari per il Grad-Cov2. E anche il Cts bacchetta il prof padovano

- Priante

Elisabetta e Francesco fanno parte della squadra di settanta volontari che a Verona hanno deciso di farsi inoculare il Grad-Cov2, il primo vaccino italiano (è stato sviluppato dalla società biotecnolo­gica romana ReiThera) contro il coronaviru­s.

Lei ha 39 anni e rientra nel gruppo di giovani adulti al quale a settembre è stata somministr­ata la dose intermedia del siero, nell’ambito della sperimenta­zione avviata dal Centro ricerche cliniche dell’Azienda ospedalier­a di Verona in collaboraz­ione con lo Spallanzan­i. Lui, invece, è un sessantase­ttenne che partecipa al terzo scaglione di volontari, quello più delicato perché coinvolge gli over-65.

Ma fuori dal policlinic­o, prima di essere due volti di quella complessa macchina messa in moto dai ricercator­i per restituirc­i la vita di prima, Francesco

ed Elisabetta sono padre e figlia.

«Ciò che più mi manca sono i sorrisi, visto che le mascherine nascondono le nostre emozioni più belle...» riflette Elisabetta Pasini, che abita col marito e i tre figli a Povegliano, in provincia di Verona. Per questo ha accettato di fare da «cavia» per il vaccino: «Voglio che i miei bambini abbiano un futuro diverso da ciò che stiamo vivendo oggi. Quando ho spiegato loro ciò che avrei fatto, Ludovica, la più grande, è scoppiata a piangere perché temeva che il siero potesse farmi del male. Ma ora anche lei ha capito che la mamma ha sentito il dovere di mettersi a disposizio­ne degli altri».

Il microbiolo­go Andrea Crisanti sostiene che lui, il siero anti-Covid, non se lo farebbe inoculare. Almeno non alle attuali: «Non farei il primo vaccino che dovesse arrivare - ha spiegato l’esperto dell’Università di Padova - perché vorrei essere sicuro che questo sia stato opportunam­ente testato e che soddisfi tutti i criteri di sicurezza ed efficacia». Ieri è arrivata la dura replica del Comitato tecnico scientific­o: «La sicurezza sarà garantita. Vanno evitate frasi inopportun­e».

Ma di fronte a simili dubbi, cosa dovrebbero pensare Elisabetta e gli altri volontari? «Crisanti ha sbagliato a dire quelle parole perché possono essere strumental­izzate dai no vax», taglia corto la veronese. «All'importanza dei vaccini ho sempre creduto. So con quanta serietà ci sta lavorando il Centro di ricerca: non ho alcun effetto collateral­e e non mi sono mai sentita in pericolo».

Anche suo padre, Francesco, racconta di essere rimasto spiazzato dalle parole di Crisanti: «L’ho sempre ritenuto uno scienziato molto serio e prepacondi­zioni rato. Stavolta mi ha deluso: non capisco come gli possa essere saltato in testa di dire una cosa del genere. Il vaccino - quello italiano che sarà pronto tra un anno, come gli altri che arriverann­o sul mercato a gennaio sono testati e sicuri. Potrà essercene uno più efficace di altri, ma non significa affatto che un siero potrà danneggiar­e chi lo riceve».

Il Grad-Cov2 sperimenta­to nella struttura veronese diretta dal dottor Stefano Milleri, agisce come un minuscolo cavallo di Troia, impedendo al virus di penetrare nell’organismo sfruttando la proteina «S». A dicembre verranno resi noti i primi risultati, anche se già circola la voce - non confermata ufficialme­nte - che la quasi totalità dei volontari ai quali è stato somministr­ato abbiano sviluppato gli anticorpi contro il coronaviru­s. E chissà se tra questi c’è anche Francesco Pasini, in pensione dopo una vita passata a lavorare come tecnico proprio per l’ospedale scaligero. È stata la figlia a dirgli che cercavano volontari over 65 per testare il vaccino. E lui si è subito fatto avanti e tre settimane fa gli è stato inoculato, senza particolar­i effetti collateral­i. «Sono orgoglioso di poter dare una mano, perché sarà utile soprattutt­o ai miei coetanei, visto che il Covid 19 risulta più letale tra gli anziani. E sono felice che anche mia figlia faccia lo stesso: forse io e mia moglie abbiamo saputo trasmetter­le alcuni valori importanti, a cominciare da quello della solidariet­à». Ora non resta che incrociare le dita.

Per il resto, Francesco ha le idee chiare: «La prima cosa da fare quando avrò questi benedetti anticorpi? Finalmente correre, ad abbracciar­e i miei nipoti».

Elisabetta Pasini

Voglio che i miei bambini abbiano un futuro diverso da ciò che stiamo vivendo oggi

Francesco Pasini

Sono orgoglioso di poter dare una mano, perché sarà utile soprattutt­o ai miei coetanei

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A sinistra Elisabetta Pasini, veronese di 39 anni; e suo padre Francesco, pensionato sessantase­ttenne. Qui sotto, Elisabetta con il dottor Stefan Milleri, che dirige il Centro di ricerca dell’Azienda ospedalier­a di Verona, il giorno in cui le è stato inoculato il vaccino
Insieme A sinistra Elisabetta Pasini, veronese di 39 anni; e suo padre Francesco, pensionato sessantase­ttenne. Qui sotto, Elisabetta con il dottor Stefan Milleri, che dirige il Centro di ricerca dell’Azienda ospedalier­a di Verona, il giorno in cui le è stato inoculato il vaccino

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