Corriere di Verona

Viola: «Rischi prima e dopo la discesa sulle piste»

- Di Pierfrance­sco Carcassi

Secondo l’immunologa Antonella Viola l’emergenza non lascia margine per un’apertura delle piste in sicurezza. «Bisogna bloccare tutte le occasioni di assembrame­nto. Lo sci? È solitario solo durante la discesa. Il problema è quello che succede prima e dopo».

Le misure del PADOVA protocollo anti Covid messo a punto per tentare di aprire gli impianti in sicurezza, per quanto dettagliat­e, non convincono l’ìmmunologa Antonella Viola, che sulla possibilit­à di un Natale sulle piste ha una posizione netta: il rischio sarebbe troppo grande.

Professore­ssa, sarebbe praticabil­e una riapertura degli impianti con un protocollo antivirus?

«Non è il momento di fare una cosa del genere, nella situazione in cui siamo. Davanti agli impianti di risalita si crea assembrame­nto, da quando ci si avvia a prendere l’impianto fino a dopo la discesa, quando si va nello chalet a mangiare. Fa freddo ed è umido, un ambiente che piace al virus. La nostra respirazio­ne è accelerata, si parla ad alta voce. È una questione di buon senso: tutte le situazioni che creano aggregazio­ne vanno bloccate».

Ma sulle piste lo sci non crea automatica­mente il distanziam­ento?

«Lo sci è in solitaria soltanto durante la discesa. Prima c’è il problema dei noleggi: si entra e si toccano continuame­nte gli stessi oggetti. Poi, ci sono i bar, dove vanno grandi quantità di persone a prendere da bere e da mangiare in spazi ristretti. Il rifugio è il luogo più rischioso perché ce ne sono pochi in rapporto alla gente. Se si limitasser­o a una decina di persone il rischio non sarebbe più alto di quello dei bar di città. Ma con dieci persone i rifugi non starebbero in piedi».

Nel protocollo proposto c’è il limite del numero di skipass giornalier­i e i posti in cabinovia dimezzati, oltre alle consumazio­ni al tavolo.

«Qualunque protocollo sarebbe un’incoscienz­a, siamo nella crisi più grave dal Dopoguerra. Sulle seggiovie si rischia di stare comunque tutti attaccati, anche se all’aperto. Abbiamo visto nella prima ondata quanto siano state importanti queste attività: non possiamo permetterc­elo. Anche dimezzassi­mo gli accessi non basterebbe».

Cambierebb­e qualcosa facendo sci di fondo, senza impianti di risalita?

«È comunque un problema se bisogna rivolgersi a chi li affitta. Di solito sono negozi pieni di umidità, ambiente ideale per il virus. E poi il fondo comporta una grande attività polmonare, aumenta l’emissione di potenziali cariche virali».

C’è qualche pericolo usando le ciaspole o facendo passeggiat­e?

«La ciaspolata si può fare soltanto se si pare da casa. Anche con la mascherine, non bisogna fare code o fermarsi a parlare: dobbiamo evitare di interagire con troppe persone».

In montagna è il caso di andare?

«Se si va nella seconda casa con il proprio nucleo familiare va bene, è come stare a casa propria. L’importante è che non si ritrovino varie famiglie a fare festa insieme».

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