Natale senza sci «Danni irreversibili»
Sindaci bellunesi in difficoltà: da noi viene solo chi scia Eccezione Cortina: senza le piste verranno tutti in città
Il comparto dello sci che nel Bellunese vale 60 milioni l’indotto dieci volte tanto - è appeso a un filo.
Sono ore terribili per la montagna veneta. Da un lato è stato firmato il protocollo di sicurezza anti Covid per aprire gli impianti in sicurezza, unica, tardiva speranza di mettere al sicuro almeno una parte della stagione invernale; dall’altra si allunga l’ombra della chiusura per decreto fino all’anno nuovo, con conseguenze economiche per intere comunità che vivono della ricchezza generata dal mondo dello sci.
Ieri mentre la Conferenza Stato - Regioni approvava le linee guida per l’uso in sicurezza delle piste, sono trapelate indiscrezioni sullo stop totale allo sci nel prossimo dpcm. Subito le regioni interessate hanno chiesto al governo «di rivedere questa scelta che metterebbe in crisi un intero sistema, che porta un notevole indotto economico, lavorativo e sociale per l’intero Paese», si legge in una lettera che porta le firme degli assessori al turismo di Lombardia, Alto Adige, Valle d’Aosta, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Piemonte e Trentino. «Del resto sono molte le realtà imprenditoriali legate alla stagione bianca continua la nota - tra cui scuole di sci, noleggi, aziende di trasporto, hotel e ospitalità in genere, che aspettano risposte per programmare la stagione invernale, e tutte che stanno partecipando in maniera corale al grande lavoro di preparazione e messa a punto degli standard di sicurezza per sciatori e addetti».
Eppure c’è chi continua a sperare in una riapertura a dicembre e pensa alle linee guida: «È un protocollo impegnativo - dice Renzo Minella, presidente veneto di Anef, che rappresenta gli impianti a fune - ma ne prendiamo atto. È complicato controllare gli accessi alle piste, ma la gestione del contingentamento verrà discussa a livello locale con le Aziende sanitarie. Auspichiamo
ci sia una linea omogenea».
Finché manca l’imprimatur finale del governo, anche in Veneto migliaia di persone che d’inverno vivono e lavorano nelle Dolomiti innevate restano in balia dell’incertezza. Come in provincia di Belluno. «Gli impianti di risalita sono il cuore del turismo in montagna», calcola Lorraine Berton, presidente degli industriali bellunesi. «Parliamo di un comparto che nel solo Veneto conta su 86 impianti e un fatturato di 60 milioni di euro con un indotto che è dieci volte tanto». Tanti i comuni che vivono delle migrazioni stagionali del «popolo degli sci». «Spero che i sacrifici di ora ci portino un Natale migliore - auspica il presidente della Provincia, Roberto Padrin - La chiusura degli impianti sarebbe un danno economico enorme per tutto il settore», che in attesa dell’abbassamento delle temperatu
Ghedina A Natale Cortina passa da 5 mila a 50 mila persone. Senza lo sci avremo 10 mila turisti in più a bere il caffè in città Un vero controsenso
re è già in fermento. «Come Provincia abbiamo diverse richieste di autorizzazioni per progetti di impianti sciistici, per sistemazione, ammodernamento e interventi migliorativi. Saranno una decina».
Anche la neve cadesse copiosa, è possibile che funivie e skilift siano costretti a rimanere fermi. E con loro l’indotto che lo sci alpino porta con sé. A partire da circa 400 alberghi. «Zone come Arabba, Alleghe, Zoldo, Cortina - riassume il presidente di Federalberghi locale, Walter De Cassan - lavorano all’80 per cento d’inverno. La scelta del governo deciderebbe il futuro di migliaia di lavoratori». «Con stime al ribasso, 3mila sono solo gli stagionali tra Cortina e l’Agordino - calcola la segretaria generale Filcams Cgil di Belluno, Fulvia Diana Bortoluzzi - tra alberghi e commercio. Poi vanno aggiunti quelli degli impianti e i duemila lavoratori dipendenti». Altri 1.600 maestri di sci sono appesi a un filo: «Siamo pronti a partire con il protocollo - dichiara il presidente del collegio veneto Luigi Borgo - ma se dovesse esserci la chiusura siamo pronti a chiedere ristori con il nostro codice Ateco». Il colpo più duro è dato dall’assenza degli stranieri. Ad Arabba, secondo centro per presenze dopo Cortina, sei turisti su 10 vengono dall’estero. E le piste vengono innevate sulla fiducia. «Da noi o si viene a sciare o niente - spiega il sindaco Leandro Grones senza impianti andremmo in crisi. Ci prepariamo e speriamo nel Natale, le linee guida sono applicabili».
Sull’altopiano di Asiago invece della neve fioccano le disdette: «Abbiamo ancora prenotazioni per Natale e Capodanno - dice Daniele Paganin del tour Operator Asiagoneve - ma con queste comunicazioni del governo non vorrei che sparar neve fosse un investimento a rischio». A Cortina il sindaco Gianpietro Ghedina punta al 18 dicembre: «Il Natale - quantifica - incide per il 30 per cento della stagione e con le linee guida si può fare». Ed evidenzia un rischio: «Durante le feste Cortina passa da cinquemila a cinquantamila persone. Solo uno su cinque viene per sciare e ho sentito che gli appartamenti sono vicini al tutto esaurito. Senza piste aperte avremmo diecimila persone in più a bere il caffè o nei negozi con ulteriori problemi di gestione. Sarebbe un controsenso in termini di rischio».