Corriere di Verona

La «rete» che aiuta anche i figli, testimoni forzati

«Non avevo più personalit­à, mi manipolava»

- Di Angiola Petronio

Dati costanti, nonostante il covid quelli delle donne che si rivolgono ai centri antiviolen­za. Segno che le donne non rinunciano a cercare la salvezza.

Quindici anni trascorsi insieme e tre figli, arrivati come benedizion­i. Un nido costruito a quattro mani che sembrava poter resistere a tutto: una casa spaziosa, rallegrata da cani e da gatti. Per qualcuno che si fosse limitato a uno sguardo di sfuggita, il ritratto della felicità. Ma c’erano quelle parole, che ogni giorno piovevano come delle gocce testarde. Insulti, commenti, insinuazio­ni, in pubblico e privato, che alla fine hanno scavato un buco nella roccia. «Ci ho messo anni a capirlo, ma non avevo più una personalit­à. Mi stava manipoland­o per costruire una sua vita a uso e consumo». Con queste parole, Marta (il nome è di fantasia) descrive la sua odissea personale in una relazione «tossica». Un matrimonio, ora naufragato, fatto di notti in lacrime e di lunghi momenti di solitudine. Certo, in questa storia nessuno ha mai «alzato le mani» su nessun altro. Ma questo non basta a renderla esente da un altro tipo di violenza, quella psicologic­a, che può lasciare ferite di altro tipo, cicatrici emotive. Marta ora è una quarantenn­e che sta cercando di chiudere quel difficile capitolo della sua vita. «Il mio ex — racconta — si era costruito una vita di facciata, con una famiglia che ha scaricato sulle mie spalle. Dopo i primi anni di matrimonio ha cominciato ad eclissarsi. Scompariva per giorni e notti preso dai suoi hobby sportivi, dalla sua attività di volontaria­to». Un servizio certamente lodevole, ma che nel suo caso costituiva anche una copertura. «Gli ho scoperto molte chat esplicite con colleghe e non solo. In un caso anche con una ragazza minorenne». Tradimenti? La pistola fumante non c’è mai stata ma, messo davanti alle «schermate», la risposta è stata secca: «Sei una bigotta». Ed è proprio questo che faceva soffrire Marta: «Qualsiasi cosa accadesse era colpa mia — spiega — lui, a suo dire, era bravissimo in tutto, io non capivo niente». Marta, laureata, ha rinunciato a lavoro full time per seguire la famiglia. «Ma per lui — sottolinea — non ero in grado di

guadagnare abbastanza soldi». E perfino le sue «scappatell­e», virtuali o meno, dovevano ritorcersi contro. «Se si sentiva solo, non potevo essere che io la responsabi­le». Fino alle sottili minacce, non appena «sgarrava». «Dacci un taglio — l’avvertimen­to che arrivava quando “si prendeva troppe libertà” — altrimenti va a finire male». Un film che, con la separazion­e, non è finito. «Lui si è rifatto una vita — spiega — ha una compagna, ma non vuole uscire dalla mia. Non rispetta i miei spazi, pretende di entrare in casa quando vuole, non rispetta la mia privacy». Marta ha provato ad uscire qualche volta con qualcuno, ma inevitabil­mente quest’ultimo veniva contattato dall’ex sui social, come già accaduto con gli altri suoi amici. Un controllo totale anche sul web.«Non è raro — è il commento della psicologa Giuliana Guadagnini, che al tema ha dedicato un evento online ieri sera — che la violenza psicologic­a nata in un rapporto, prosegua online. Stabilire dei confini può essere molto difficile».

Il dolore «Si era costruito una vita di facciata, con una famiglia che ha scaricato su di me»

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