RIMUOVERE I SOFFITTI DI CRISTALLO
Oggi, il mondo celebra la Giornata mondiale contro la violenza sulle donne, che va dalla cruda violenza fisica e sessuale, all’umiliante e svilente violenza psicologica, fino alle privazioni di quella economica. È una piaga sociale in molti Paesi, incluso il nostro. Un dato per tutti: il Dossier Viminale 2020 dice che in Italia c’è un femminicidio ogni sei giorni, ma durante il lockdown della primavera scorsa, con intere famiglie chiuse in casa per settimane, si è passati ad uno ogni due giorni. Oggi, il Veneto ricorda i 100 anni (era proprio il 25 novembre 1920) dal giorno in cui la bellunese Elvira Poli si laureava in Ingegneria, diventando la prima dell’Università di Padova e la terza in Italia. Andò con il marito a vivere a Milano dove esercitò la professione di ingegnere, si impegnò per la promozione della parità di genere e tornò in Veneto solo raggiunta la pensione. È passato un secolo e la piaga della perdita di capitale umano qualificato nel nostro territorio non è ancora stata debellata. La coincidenza tra queste due ricorrenze ci ricorda che la piena emancipazione della donna reclama cambiamenti istituzionali, sociali e culturali, che vanno assecondati e sostenuti fino a quando la parità di genere sarà esperienza comune e quotidiana per ogni persona. Nei quasi 75 anni di vita repubblicana, il legislatore italiano ha emanato varie leggi sia per il riconoscimento di pari diritti sia per l’accesso delle donne al lavoro in tutte le sue forme.
Oggi, senza mollare la presa sugli assetti normativi, per rendere effettiva la parità di genere urge uno sforzo collettivo sulle leve culturali e sociali. Ribadire che non esistono ruoli e abilità più maschili e altre più femminili è la via per lasciarci alle spalle gli stereotipi che inducono le giovani generazioni a replicare modelli desueti, come dimostrano sia l’esiguo numero di start up innovative con prevalenza femminile nella compagine sociale (solo il 13,3% del totale secondo uno studio InfoCamere del 2018), sia la persistente minore presenza femminile nei corsi di laurea delle discipline tecnologiche e scientifiche (meno del 40%, pur essendo donna il 55% di tutte le persone iscritte all’Università nel 2018/19). Il rapporto donnescienza è un tema a visibilità crescente, in cui si evidenziano le forme più subdole di disparità di genere. L’espressione che le riassume è «Matilda Effect», che indica tanto il pregiudizio che ostacola il riconoscimento dei contributi delle donne e spinge ad attribuire in tutto o in parte il merito dei risultati ai colleghi maschi, quanto il minor numero di citazioni dei lavori scientifici delle donne rispetto a quelli analoghi a firma maschile. Il risultato congiunto di questi fenomeni è la segregazione gerarchica, che ostacola la presenza femminile nelle posizioni di responsabilità. Negli anni ’50-’60 del secolo scorso, la lavatrice e il frigorifero hanno modificato la rigida organizzazione e il ritmo cadenzato della vita familiare e contribuito a portare il talento femminile nel lavoro, aprendo spazi di libertà, benessere e crescita. Oggi, il riequilibrio di genere è spinto anche dalla trasformazione digitale. Queste innovazioni, applicate ai processi manifatturieri, stanno portando verso le «fabbriche a fatica zero e ad ingaggio cognitivo» (credits: Marco Bentivogli), che mettono uomini e donne veramente alla pari di fronte alle opportunità di impiego anche nei ruoli più operativi. Per anni, la comunità si è impegnata per rimuovere quel «soffitto di cristallo», che lasciava intravvedere le posizioni apicali alle donne manager e professioniste ma impediva loro di raggiungerle, ottenendo alcuni discreti risultati. Oggi, è tempo di sistemare anche quel «pavimento di terra», ancora un po’ sconnesso, sul quale si trovano a camminare milioni di donne lavoratrici e che impedisce la loro piena realizzazione in molti altri mestieri, forse più semplici ma altrettanto dignitosi. La Giornata mondiale che festeggia la (raggiunta) parità di genere non è dietro l’angolo.