Corriere di Verona

Ribellarsi al tempo del Covid: la «rete» che aiuta anche i figli

Costanti le richieste di aiuto. Rafforzati i servizi telefonici e i colloqui

- Angiola Petronio © RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Questo non è amore», lo slogan della campagna della Polizia di Stato. Perché non esiste l’«amore violento», o l’«amore malato». Con quegli aggettivi che diventano la negazione stessa di un sostantivo che ha come primo sinonimo il «bene». Torna quel 25 novembre «giornata mondiale per l’eliminazio­ne della violenza sulle donne» che ci si augurerebb­e di non dover più celebrare. E torna in un momento in cui, con l’emergenza covid, quella violenza rischia ancora di più di imbottigli­arsi nel silenzio della solitudine e della convivenza forzata con chi di quella violenza è l’artefice. E come ogni «ricorrenza» diventa un rinverdire di dati per quello che non ha mai avuto le caratteris­tiche di un «fenomeno» ma quelle di un incistamen­to che da quei dati viene raccontato. Lo fa quella «rete» che non è solo di sostescors­o gno e supporto, ma anche di «aiuto» pratico che fa capo al Comune, ma che raccoglie tutte quelle associazio­ni, enti e realtà che di arginare ma anche prevenire la violenza contro le donne si occupano, «perché - ha detto l’assessore alle Pari Opportunit­à Francesca Briani - non dobbiamo mai essere indifferen­ti». Testa d’ariete di quella «rete» il centro antiviolen­za P.e.t.r.a. (Pratiche Esperienze Teorie Relazioni Antiviolen­za), realtà dell’area Servizi Sociali - Pari Opportunit­à del Comune. «Quando è scoppiata l’emergenza covid, con il lockdown e lo smart working, abbiamo ragionato su come continuare ad essere raggiungib­ili - ha spiegato la responsabi­le Elisabetta Sega -. Abbiamo ampliato l’orario d’ascolto, rimodulato la presenza al numero verde e ai colloqui dedicati e abbiamo mantenuto il trend dello anno». Quello che parla di 1.500 colloqui «parziali» da gennaio allo scorso ottobre. Con una peculiarit­à per nulla indifferen­te: quella della «violenza assistita» da parte dei figli che non la subiscono direttamen­te ma la vedono mettere in atto verso la madre. O che, essendo a casa, assistono alla richieste di aiuto, condiziona­ndo le telefonate.

Dal 2004 allo scorso ottobre ha ricevuto 4.706 richieste di aiuto, Petra, effettuand­o 13.694 colloqui. In questi anni sono state accolte 249 donne e i loro 223 figli. Ma a rivolgersi al centro sono anche gli autori di quelle violenze. Trecentodi­eci le richieste di aiuto da parte di quegli uomini. Ancora troppo pochi rispetto alle vittime. Di quelle che si rivolgono alle strutture il 39 per cento denuncia. Sono al 70 per cento italiane, il 41 per cento è sposata, il 70 per cento ha figli, il 39% economicam­ente autonoma, perché la violenza sta anche nell’isolamento e quello economico diventa un’arma di ricatto che non conosce pari. «Dal 2004 - ha commentato Elisabetta Sega le richieste di aiuto sono aumentate progressiv­amente, un dato che vogliamo leggere come segno di fiducia nell’attività svolta dal centro e che ci sprona a proseguire sulla strada intrapresa. Il lavoro da fare è ancora molto». Lavoro che, spesso, viene condiviso con le forze dell’ordine. Si sta creando una crepa, in quell’omertà dettata dalla paura. E la conferma arriva anche dai dati della questura: 176 i casi di maltrattam­enti in famiglia denunciati da gennaio allo scorso settembre, contro i 157 di quello precedente, 72 gli atti persecutor­i, 43 le violenze sessuali.

È sul fronte della prevenzion­e che si combatte la guerra contro quella violenza. Oggi, sui canali dell’Università verrà inaugurata la mostra «STOP/ Campagna contro l’uso di un linguaggio violento e sessista». Fino al 2 dicembre, inoltre, su facebook verrà veicolata la mostra di Anteas «Non chiamatelo raptus», con i volti e le tracce della violenza. Mobilitati anche i 37 Comuni del Distretto Ovest Veronese dell’Usl 9 dove è installato un pannello con un quadro di Artemisia Gentilesch­i, «a significar­e che nessuna donna di nessun territorio deve essere sola».

Briani Ciascuno può fare qualcosa, non dobbiamo essere indifferen­ti

Sega Con il covid a Petra abbiamo pensato come farci raggiunger­e

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