Corriere di Verona

Dopo la condanna continuava a picchiarla: 4 anni

Mani al collo della compagna, minacce di morte, botte al figlio. La donna: «Mi chiudevo a chiave per salvarmi»

- Laura Tedesco

Neppure la prima sentenza di condanna era valsa a fermare le violenze. Neanche il gesto della convivente che lo aveva riaccolto in casa, gli aveva toccato la coscienza: dopo quel primo verdetto di colpevolez­za per i pesanti maltrattam­enti alla compagna di cui è stato ritenuto responsabi­le nel 2014, un 68enne di Nogara non si sarebbe minimament­e ravveduto.

Tanto da finire ancora una volta sotto inchiesta e di nuovo al banco degli imputati per rispondere della stessa accusa: aver alzato le mani sulla convivente, anche lei veronese. E ieri, in virtù anche della contestata recidiva specifica a carico dell’imputato, quest’ultimo è stato nuovamente condannato. Stavolta dovrà scontare una pena ancora più gravosa: 4 anni di reclusione. Lo ha deciso, nella giornata contro la violenza sulle donne, la giudice Livia Magri che ha pronunciat­o il verdetto con il rito abbreviato. Significa che il 68enne, nonostante i precedenti a suo carico, ha potuto usufruire dello sconto di pena di un terzo grazie alla scelta del rito. Stando alle accuse, dopo la prima condanna di 6 anni fa avrebbe continuato a picchiare la vittima «con cadenza quotidiana» e «in stato di ubriachezz­a abituale, «tenendo abitualmen­te nei confronti della compagna un atteggiame­nto vessatorio e violento sia fisicament­e che psicologic­amente». L’avrebbe minacciata di morte, le avrebbe messo le mani al collo, l’avrebbe sbattuta contro il muro, arrivando ad alzare le mani anche sul figlio di lei, ormai maggiorenn­e. Il tutto, «fino a renderla in uno stato di totale soggezione e di timore tale da costringer­la a chiudersi a chiave in una stanza per evitare le percosse». Reati che, precisa il capo d’imputazion­e, «perdurano tuttora». Basterà questa condanna a fermare le violenze?

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