RECOVERY, I PUNTI DA RAFFORZARE
Il recovery plan italiano va ancora «discusso» e «rafforzato». Ce lo dice anche il commissario europeo Paolo Gentiloni. L’ulteriore discussione è sicura. Il governo – crisi politica permettendo - raccoglierà due volte l’opinione del Parlamento, prima e dopo aver sottoposto la bozza di piano al parere delle regioni, delle autonomie locali e delle forze sociali. Non è detto però che alla fine di questo tour de force il piano esca «rafforzato». Un «rafforzamento» che deve dimostrare molto di più di una timida coerenza con gli obiettivi europei di transizione verde e digitale. Per «ripartire meglio» l’«operazione recovery» deve tradursi in riforme e investimenti che aiutino la rottamazione intelligente e socialmente sostenibile di una economia che, antecovid, registrava tassi di produttività negativi. Un obiettivo che non traspare dall’attuale versione del recovery plan anche per il peccato originale che lo contraddistingue: la mancanza di una definizione trasparente e condivisa dello stato attuale dei sottosistemi sui quali si intende intervenire. Manca l’ impianto analitico che avrebbe consentito di far capire come si intendano agganciare le transizioni verso l’economia di domani:le sole che interessino davvero la Next Generation UE.
Comunque oggi occorre produrre un «rafforzamento» dei progetti da salto di paradigma in tutte e sei le missioni nelle quali –per accordo europeo— è articolato il PNRR Italia (1.digitalizzazione, 2.rivoluzione verde, 3.infrastrutture per la mobilità, 4.istruzione e ricerca, 5.inclusione e 6.coesione e salute).
Di seguito qualche esempio relativo alla missione 3. Tutti gli investimenti ivi previsti (di riforme non vi sono tracce) sono sicuramente utili. Tutti produrranno effetti moltiplicativi del reddito e dell’occupazione nella fase di cantiere.
Tutti contribuiranno una volta completati ad aumentare la qualità della vita di qualche italiano o la produttività di qualche impresa. Ma sono queste le infrastrutture di trasporto delle quali ha urgente bisogno l’Italia per «ripartire meglio», per irrobustire la sua crescita? Il trauma covid-19 non ci insegna nulla? Non ci segnala nuovi obiettivi da raggiungere ? Eppure il Covid-19 ha messo a nudo la diversa resilienza della nostra manifattura e della filiera agroindustriale, che hanno solo bisogno di esser messe in condizione di raggiungere i propri mercati di esportazione, rispetto a quella turistica, per la quale va reinventata una accessibilità dai mercati mondiali; ci ha fatto intravvedere una transizione verso una sub-globalizzazione mediterranea ; ci sta mettendo di fronte a scelte localizzative nell’abitare e nel lavoro che stanno rivoluzionando l’assetto urbanistico di tutte le città, soprattutto delle città metropolitane più grandi: i luoghi che ospitano i fuochi italiani dell’economia della conoscenza alla quale è legato il nostro futuro. Non sarebbe utile allora per avvicinare i mercati di sbocco «rafforzare» i valichi alpini, anche verso l’Austria e Slovenia—Croazia, ma soprattutto ovviare alla periferizzazione della portualità italiana? Per reinserirci con successe sulle rotte oceaniche globali non bastano Genova e Trieste. Occorre attrezzare due multiporti - uno Alto Tirrenico (da Savona a Livorno) e uno Alto Adriatico (da Ravenna a Trieste, se non si ha il coraggio di estenderlo fino a Koper e Rijeka) da affidare – questa è una game changer!— a due sole autorità di sistema portuale. Per aggredire i mercati mediterranei si deve puntare su ZES (zone economiche speciali) a filo di banchina nei porti del Mezzogiorno. Per aumentare invece l’attrattività di imprese innovative e talenti , almeno quattro città metropolitane del Mezzogiorno (Napoli, Bari, Palermo e Catania) vanno connesse tra loro, e con quelle del centro-nord, con linee ad alta velocità/alta capacità.
Va, infine, somministrata una cura da cavallo al trasporto pubblico locale nelle aree metropolitane italiane (le aree funzionali, come la Padova-Treviso-Venezia, non quelle costrette nelle camicie di forza delle definizioni amministrative) per consentire loro di adattarsi al più presto all’assetto postcovid.
Si dirà che sono progetti incompatibili con la finestra di spesa 2023-26. Sì,ma non più di molti dei «progetti di ieri» oggi nella bozza di PNRR. E’ la finestra che andrà spostata. Ma almeno lo si farà per un #Next Generation EU plan che può farci «ripartire meglio» davvero.