«Persi 14.500 posti di lavoro»
Terme a picco, Michielli incontra i vertici dell’Anci: «Servono ristori adeguati, è questione di vita o di morte»
Chiedono ristori immediati e certi, promettono di fare squadra per superare una crisi senza precedenti. Gli operatori del settore turistico, tra i più colpiti dall’emergenza coronavirus, sono pronti a rimboccarsi le maniche dopo un 2020 «horribilis». Basta dare una rapida occhiata ai dati complessivi — calo delle assunzioni pari al 45% e saldo annuale negativo di 14.500 posti di lavoro, mentre per quanto riguarda gli arrivi di turisti nelle località balneari e montane del Veneto si registra rispettivamente una diminuzione del 42,4% e del 30,7% delle presenze — per capire che risollevarsi è sì arduo, ma non impossibile.
Ed è proprio partendo da questa convinzione che Marco Michielli, presidente di Federalberghi e Confturismo Veneto, ha voluto incontrare il sindaco di Treviso, Mario Conte, e la consigliera regionale Elisa Venturini, rispettivamente presidente e vicepresidente dell’Anci. Un primo faccia a faccia per fare il punto sul presente e nel contempo pianificare le azioni future. Perché la preoccupazione è palpabile. «Le lancette dell’orologio — avverte Michielli — sono tornate indietro di 30 anni, eppure nella legge di bilancio 2021 per il turismo c’è ben poco. Abbiamo allora decentro ciso che ripartire dai Comuni, in virtù del loro rapporto diretto con il territorio e le realtà imprenditoriali, fosse la strada migliore. Servono ristori adeguati, per molte delle nostre strutture si tratta ormai di vita o morte, con quel che ne consegue sul piano occupazionale e sociale».
Un concetto condiviso dal sindaco e presidente Anci, Conte: «Gli alberghi rappresentano un pezzo di storia e di identità dei nostri territori, oltre ad essere un incredibile volano per il turismo, quindi gli aiuti devono arrivare rapidamente. I sindaci sono al fianco degli operatori del turismo, con cui vogliamo programmare il futuro, per rilanciare i territori in una visione di sistema». Molti alberghi sono chiusi in montagna a causa dello stop allo sci, molti non apriranno nemmeno dal 15 febbraio (la catena TH Resorts del padovano Graziano Debellini lo ha annunciato proprio ieri ad esempio). E tra i comparti più colpiti a livello regionale vi è senza dubbio quello del turismo termale, quasi interamente coperto (circa il 97%) dal cosiddetto Bacino Euganeo. Operante nel territorio compreso tra i Comuni di Abano, Montegrotto, Battaglia e Galzignano Terme. I numeri forniti in merito da Assindustria Venetosono emblematici e parlano di una perdita di 375.318 ospiti solo nei primi dieci mesi del 2020, di cui 183.500 stranieri (-81%). «Diamo solitamente lavoro a 5 mila addetti — illustra Marco Maggia, vicepresidente di Federterme — generando un indotto di mezzo miliardo di euro. Ma al momento nel Bacino termale Euganeo ci sono solo 8 hotel aperti su 100: per ripartire riteniamo prioritaria la vaccinazione dei nostri operatori di medicina termale e la creazione di un “patentino” per i viaggiatori immunizzati contro il Covid-19».
Michielli Se non si uniscono le forze il motore del Paese si fermerà
Conte Gli aiuti alle attività che ne hanno bisogno arrivino a breve