De Poli, il timone Udc e le sirene di Conte «Noi non ci stiamo»
Dopo l’addio di Cesa
Antonio De Poli, presidente nazionale dell’Udc, è oggi la massima autorità del partito disponibile nel pieno esercizio delle proprie funzioni, essendosi dimesso il segretario Lorenzo Cesa dopo l’inchiesta giudiziaria. Corteggiato da Conte che deve allargare la fragile maggioranza, tiene la barra dritta: «Noi restiamo con il centrodestra».
Tagliato il traguardo dei 60, sempre ben portati, con i gradi sulle spalle da questore anziano del Senato (ma qui anziano significa il più votato, mica il più vecchio), in questi giorni Antonio De Poli da Carmignano di Brenta si è ritrovato improvvisamente al centro di uno dei giochi intramontabili della politica di palazzo: il tiramento per la giacca.
Tutti lo cercano, giù a Roma. Perché, oltre a essere uno dei tre senatori in quota Udc altamente ambiti sul mercato politico da chi va disperatamente cercando di allargare la maggioranza di governo, è pure il presidente nazionale del partito, cioè la massima autorità disponibile nel pieno esercizio delle proprie funzioni, essendo venuto a mancare di colpo il segretario politico, per il noto inciampo dell’inchiesta giudiziaria «Basso profilo» in Calabria.
Centrista e di nuovo centrale, il padovano De Poli. Anche se quel volpone di Bruno Tabacci, auto-incaricatosi «costruttore capo» del pezzo di maggioranza che ancora manca al premier Conte, non si nasconde le difficoltà del caso: «De Poli è strettamente legato al centrodestra che ha governato e governa il Veneto - ha detto -, non lo vedo mettersi contro Zaia e la Lega».
Senatore De Poli, con le dimissioni da segretario di Lorenzo Cesa tocca a lei convocare il consiglio nazionale dell’Udc e tenere la barra del timone: c’è una sua disponibilità a diventare segretario del partito in un momento così particolare e delicato?
«Qualsiasi decisione spetta al consiglio nazionale del partito. Secondo quanto prevede lo Statuto, come lei ha detto giustamente, spetta a questo organo interno dell’Udc gestire questa fase delicata e importante della vita del partito. Anche in una comunità politica ci sono delle regole di democrazia che vanno rispettate. Quindi, io ho rispetto di ciò che deciderà il consiglio nazionale in quella sede».
Quali sono i riflessi che questa vicenda potrebbe avere sulla crisi di governo e sulla ricerca di altri «costruttori» che lo sostengano?
«Non c’è alcuna operazione “costruttori” o “responsabili”. L’Udc è chiaramente ancorato e fedele alla linea del centrodestra, come abbiamo più volte dichiarato pubblicamente nei giorni scorsi. In questa legislatura abbiamo sempre votato No al governo. L’ultima volta lo abbiamo fatto martedì, in Aula al Senato: all’unanimità il nostro “gruppo” ha detto No alla fiducia verso un esecutivo che riteniamo incapace politicamente di affrontare una crisi sanitaria, economica e sociale senza precedenti.
Siamo assolutamente insoddisfatti: su temi cruciali come i ristori e il Recovery Fund, il governo deve cambiare rotta. Le nostre attività economiche sono in ginocchio e, come ha denunciato qualche giorno fa proprio la Cgia di Mestre, le imprese, finora, hanno ricevuto ristori che coprono solo il 6% delle perdite. Basta questo dato da solo: i ristori finora sono stati insufficienti».
La sua posizione personale
è sempre stata molto chiara: siamo e restiamo nel centrodestra, all’opposizione di Conte. Se dovesse diventare segretario, sarà questa la linea dell’Udc?
«La mia posizione è e rimane di fedeltà al centrodestra. Questa è anche la linea del partito».
Come pensa, nel caso, di tenere a bada le tentazioni di qualche collega senatore, Binetti su tutti, che invece si dichiara più aperturista verso questo governo?
«Contano i fatti. Anche la senatrice Binetti, martedì scorso, in aula, ha votato No alla fiducia di questo governo. Come dicevo prima, il gruppo Udc all’unanimità ha risposto sempre “presente” ai vertici di centrodestra, poiché crediamo in una coalizione che è vincente proprio perché è plurale, equilibrata e inclusiva. C’è una maggioranza valoriale nel Paese: a me piace chiamarla la forza della ragionevolezza. Senza quest’area di Centro, non si governa. Noi siamo e continueremo ad essere il Centro nella coalizione di centrodestra».
E se invece il presidente del consiglio non dovesse essere più Conte e si verificasse, per esempio, un allargamento della maggio
ranza anche a Forza Italia per costituire un governo di “salvezza nazionale”, la vostra posizione cambierebbe?
«Il Paese ha bisogno di un governo che governi e non di un esecutivo senza maggioranza. Noi chiediamo una risoluzione rapida della crisi perché i cittadini sono stanchi e stremati e non capiscono le ragioni di quanto sta accadendo. Detto questo, come coalizione di centrodestra, in questo passaggio cruciale ci affidiamo alla saggezza e all’autorevolezza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella».
In questo passaggio cruciale ci affidiamo alla saggezza e all’autorevolezza del presidente della Repubblica