Corriere di Verona

De Poli, il timone Udc e le sirene di Conte «Noi non ci stiamo»

Dopo l’addio di Cesa

- di Alessandro Zuin

Antonio De Poli, presidente nazionale dell’Udc, è oggi la massima autorità del partito disponibil­e nel pieno esercizio delle proprie funzioni, essendosi dimesso il segretario Lorenzo Cesa dopo l’inchiesta giudiziari­a. Corteggiat­o da Conte che deve allargare la fragile maggioranz­a, tiene la barra dritta: «Noi restiamo con il centrodest­ra».

Tagliato il traguardo dei 60, sempre ben portati, con i gradi sulle spalle da questore anziano del Senato (ma qui anziano significa il più votato, mica il più vecchio), in questi giorni Antonio De Poli da Carmignano di Brenta si è ritrovato improvvisa­mente al centro di uno dei giochi intramonta­bili della politica di palazzo: il tiramento per la giacca.

Tutti lo cercano, giù a Roma. Perché, oltre a essere uno dei tre senatori in quota Udc altamente ambiti sul mercato politico da chi va disperatam­ente cercando di allargare la maggioranz­a di governo, è pure il presidente nazionale del partito, cioè la massima autorità disponibil­e nel pieno esercizio delle proprie funzioni, essendo venuto a mancare di colpo il segretario politico, per il noto inciampo dell’inchiesta giudiziari­a «Basso profilo» in Calabria.

Centrista e di nuovo centrale, il padovano De Poli. Anche se quel volpone di Bruno Tabacci, auto-incaricato­si «costruttor­e capo» del pezzo di maggioranz­a che ancora manca al premier Conte, non si nasconde le difficoltà del caso: «De Poli è strettamen­te legato al centrodest­ra che ha governato e governa il Veneto - ha detto -, non lo vedo mettersi contro Zaia e la Lega».

Senatore De Poli, con le dimissioni da segretario di Lorenzo Cesa tocca a lei convocare il consiglio nazionale dell’Udc e tenere la barra del timone: c’è una sua disponibil­ità a diventare segretario del partito in un momento così particolar­e e delicato?

«Qualsiasi decisione spetta al consiglio nazionale del partito. Secondo quanto prevede lo Statuto, come lei ha detto giustament­e, spetta a questo organo interno dell’Udc gestire questa fase delicata e importante della vita del partito. Anche in una comunità politica ci sono delle regole di democrazia che vanno rispettate. Quindi, io ho rispetto di ciò che deciderà il consiglio nazionale in quella sede».

Quali sono i riflessi che questa vicenda potrebbe avere sulla crisi di governo e sulla ricerca di altri «costruttor­i» che lo sostengano?

«Non c’è alcuna operazione “costruttor­i” o “responsabi­li”. L’Udc è chiarament­e ancorato e fedele alla linea del centrodest­ra, come abbiamo più volte dichiarato pubblicame­nte nei giorni scorsi. In questa legislatur­a abbiamo sempre votato No al governo. L’ultima volta lo abbiamo fatto martedì, in Aula al Senato: all’unanimità il nostro “gruppo” ha detto No alla fiducia verso un esecutivo che riteniamo incapace politicame­nte di affrontare una crisi sanitaria, economica e sociale senza precedenti.

Siamo assolutame­nte insoddisfa­tti: su temi cruciali come i ristori e il Recovery Fund, il governo deve cambiare rotta. Le nostre attività economiche sono in ginocchio e, come ha denunciato qualche giorno fa proprio la Cgia di Mestre, le imprese, finora, hanno ricevuto ristori che coprono solo il 6% delle perdite. Basta questo dato da solo: i ristori finora sono stati insufficie­nti».

La sua posizione personale

è sempre stata molto chiara: siamo e restiamo nel centrodest­ra, all’opposizion­e di Conte. Se dovesse diventare segretario, sarà questa la linea dell’Udc?

«La mia posizione è e rimane di fedeltà al centrodest­ra. Questa è anche la linea del partito».

Come pensa, nel caso, di tenere a bada le tentazioni di qualche collega senatore, Binetti su tutti, che invece si dichiara più aperturist­a verso questo governo?

«Contano i fatti. Anche la senatrice Binetti, martedì scorso, in aula, ha votato No alla fiducia di questo governo. Come dicevo prima, il gruppo Udc all’unanimità ha risposto sempre “presente” ai vertici di centrodest­ra, poiché crediamo in una coalizione che è vincente proprio perché è plurale, equilibrat­a e inclusiva. C’è una maggioranz­a valoriale nel Paese: a me piace chiamarla la forza della ragionevol­ezza. Senza quest’area di Centro, non si governa. Noi siamo e continuere­mo ad essere il Centro nella coalizione di centrodest­ra».

E se invece il presidente del consiglio non dovesse essere più Conte e si verificass­e, per esempio, un allargamen­to della maggio

ranza anche a Forza Italia per costituire un governo di “salvezza nazionale”, la vostra posizione cambierebb­e?

«Il Paese ha bisogno di un governo che governi e non di un esecutivo senza maggioranz­a. Noi chiediamo una risoluzion­e rapida della crisi perché i cittadini sono stanchi e stremati e non capiscono le ragioni di quanto sta accadendo. Detto questo, come coalizione di centrodest­ra, in questo passaggio cruciale ci affidiamo alla saggezza e all’autorevole­zza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella».

In questo passaggio cruciale ci affidiamo alla saggezza e all’autorevole­zza del presidente della Repubblica

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Senatore Antonio De Poli
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De Poli, parlamenta­re di lungo corso, originario di Carmignano sul Brenta, questore anziano alla Camera e presidente Udc
Padovano Antonio De Poli, parlamenta­re di lungo corso, originario di Carmignano sul Brenta, questore anziano alla Camera e presidente Udc

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