Corriere di Verona

Quattro ipotesi per il Catullo

Scadono i patti tra soci

- di Lillo Aldegheri

Resta solo una settimana di tempo per trovare un accordo sul futuro dell’aeroporto Catullo. Il 31 gennaio scadono infatti i «patti parasocial­i».

Resta solo una settimana di tempo per trovare un accordo sul futuro dell’aeroporto Catullo. Il 31 gennaio scadono infatti i «patti parasocial­i» che regolano i rapporti tra la società Save di Enrico Marchi, che ha il 42 per cento e la facoltà di nominare l’amministra­tore delegato, ed i soci pubblici (Camera di Commercio, Comune di Verona e le Province di Verona e di Trento) riuniti nella società Aerogest, che ha il 47 per cento ed esprime il presidente.

I patti parasocial­i, siglati al tempo dell’ingresso di Save nel Catullo nel 2013, non erano stati rinnovati alla naturale scadenza per volontà dei soci pubblici, ma sono poi stati prorogati a più riprese, anche complice il Covid. Adesso la vera questione è quella legata ai soldi (che in questo periodo latitano) ed agli investimen­ti da fare (che sono ingenti). Il tempo a disposizio­ne è pochissimo.

Lo stesso presidente della Catullo SpA, Paolo Arena, in una lettera ai soci, aveva infatti spiegato che anche la banca (la BCC) con cui era stato stipulato un contratto di finanziame­nto, deciderà il da farsi solo dopo che le sarà comunicato quando (e come) i «patti» saranno stati rinnovati. Di qui la raffica di colloqui (ultimo quello dell’altro giorno tra il sindaco Federico Sboarina, il presidente della Provincia, Manuel Scalzotto, e quello della Provincia di Trento, Maurizio Fugatti).

Proprio la Provincia di Verona ha messo nero su bianco quattro possibili ipotesi.Una prima strada è quella di puntare ad un aumento di capitale aperto a tutti. Una seconda è quella di vendere parte delle quote in mano agli enti pubblici. La terza ipotesi, al contrario, è quella di far entrare altri soci pubblici in Aerogest. Una quarta strada, infine, (forse la più percorribi­le, a detta di alcuni esponenti politici) sarebbe quella di firmare subito nuovi patti parasocial­i, procedere poi alla liquidazio­ne di Aerogest (facendo sì che ciascun ente pubblico diventi un normale socio della Catullo) e alla vendita di parte delle quote pubbliche (ma evitando di fare arrivare il socio privato alla maggioranz­a assoluta, almeno per un certo periodo di tempo). Con «un impegno da parte di chi, entro due anni, acquisisse la maggioranz­a assoluta, alla riscrittur­a di alcune clausole di garanzia per i soci pubblici su governance, piano industrial­e e sviluppo del traffico».

Su questo si focalizzan­o anche le polemiche tra i partiti. La Lega, da tempo, attacca la Save di Enrico Marchi, accusata di pensare molto più allo scalo di Venezia che a quello di Verona. Quanto agli investimen­ti necessari l’europarlam­entare del Carroccio, Paolo Borchia, ha spiegato che «Save dà la netta impression­e che agli oggettivi grossi problemi del Catullo corrispond­ano solo scuse per non investire, e degli ultimi anni della gestione veneziana ricordiamo null’altro che una serie di promesse non mantenute, ad iniziare dal progetto Romeo». Dal fronte politico opposto, Michele Bertucco (Sinistra in Comune), ricorda che «la Lega è al governo degli stessi enti pubblici che ancora detengono la maggioranz­a di controllo dello scalo».

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Il terminal Anno da dimenticar­e, causa pandemia, per l’aeroporto Catullo

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