«Contagi in calo, variante in Veneto già da Natale»
Zaia contro i rigoristi del lockdown che invocano il blocco in vista di un’ondata di variante inglese. «Noi abbiamo già dato - spiega il governatore - perché un fatto che qui la variante inglese è stata trovata alla vigilia di Natale, ben prima che nel resto d’Italia se ne parlasse».
«A oggi, la situazione epidemiologica in Veneto non giustifica il lockdown. Sarebbe come tagliare la gamba ad un paziente con l’unghia incarnita, una misura sproporzionata che metterebbe in ginocchio la comunità». Così, ieri, il presidente della Regione Luca Zaia è tornato sull’argomento che sta dividendo scienza e politica, dopo che già lunedì aveva preso di petto i virologi «rigoristi» sostenendo che il più delle volte invocano misure «senza avere alcuna responsabilità sulle conseguenze che queste comportano».
Gli scienziati in questione, comunque, non mollano la presa. A Walter Ricciardi, consulente ascoltatissimo dal ministro della Salute Roberto Speranza finito nella bufera per aver suggerito dal salotto tivù di Fabio Fazio «due, tre o quattro settimane di lockdown», ieri si sono aggiunti Andrea Crisanti dell’Azienda ospedaliera di Padova (che già l’aveva difeso lunedì) e Massimo Galli dell’ospedale Sacco di Milano.
«Ha fatto benissimo Ricciardi a sollevare l’allarme ha detto Crisanti -. Perché i politici si sono mossi sempre in ritardo, sempre. Se a maggio avessimo prolungato il lockdown per altri 15-20 giorni avremmo azzerato i contagi e avremmo potuto blindare l’Italia, probabilmente oggi staremmo in una situazione vicina a quella della Corea del Sud o della Nuova Zelanda. Ma naturalmente c’era chi doveva aprire le spiagge, chi doveva fare le discoteche. Era un continuo. L’agenda la detta il virus, non il politico o il commerciante». E Galli ha rincarato: «Tutti vorremmo riaprire ma io mi ritrovo il reparto invaso da nuove varianti e questo riguarda tutta l’Italia. Si può facilmente prevedere che a breve avremo problemi più seri. Le avvisaglie vengono guardando cosa sta succedendo in altri Paesi europei. È spiacevole ma è un dato di fatto. Questa è la realtà intorno a cui è inutile fare chiacchiere».
Parole ultimative che però
suonano distoniche in un Veneto in controtendenza rispetto al resto del Paese: qui, infatti, le curve sono in costante calo dal primo gennaio («Avanti di questo passo nelle terapie intensive in 1015 giorni potremmo tornare allo zero, al punto di partenza» fa di conto Zaia), il tasso di incidenza sui tamponi è dell’1,8%, quello sul totale della popolazione dello 0,3% «e ricordo - sottolinea il presidente della Regione - che ci siamo arrivati senza il lockdown invocato dai soliti noti a dicembre, quando pareva che in Veneto dovesse consumarsi una carneficina». Merito della zona arancione e rossa imposta durante le festività natalizie? Zaia non ne sembra convinto: «Le restrizioni esplicano i loro effetti nell’arco di tre settimane, che difatti è la finestra presa in considerazione dal ministero della Salute e dall’Istituto Superiore di Sanità per le loro analisi: le zone sono partite il 24 dicembre, i nostri dati sono in calo dal primo gennaio». Questo, per Zaia, testimonierebbe che la chiusura non è la soluzione: «Io mi fido di quel che dice il professor Giuseppe Remuzzi, secondo cui il virus si sconfigge con mascherina, distanziamento, igiene delle mani e areazione dei locali».
Quanto alle temute varianti, in Veneto l’allerta resta massima (anche per questo la Dad alle superiori resterà al 50% fino al 5 marzo e verrà accelerato il piano di monitoraggio messo a punto dal Dipartimento di prevenzione) ma secondo Zaia «noi abbiamo già dato. È un fatto che qui la variante inglese è stata trovata alla vigilia di Natale, ben prima che nel resto d’Italia se ne parlasse, e che ciò che è accaduto a dicembre, in termini di numero di contagi, impatto sugli ospedali e andamento della curva, salita ma poi pure scesa repentinamente, non abbia ancora trovato spiegazioni scientifiche. Ne ho parlato anche col presidente dell’Iss Silvio Brusaferro, che ha convenuto sull’assoluta stranezza della situazione. Credo che le varianti possano essere l’unica spiegazione».
Crisanti Bene Ricciardi, l’agenda la detta il virus, non la politica