Cassa integrazione ridotta di un terzo «Licenziamenti di massa improbabili»
Inps Veneto, Pone vede come prevalenti i segnali di tenuta. A rischio ci sarebbero ottomila lavoratori
Le tante aziende in crisi sembrano giustificare scenari catastrofisti. E il detonatore per gli ipotetici «licenziamenti di massa» dovrebbe essere lo sblocco dei licenziamenti dopo il 31 marzo. La vulgata delle Cassandre è, appunto, che sarà un’ecatombe. Ma andrà davvero così? Uno spiraglio di (relativa) speranza arriva da Antonio Pone, direttore Inps per il Veneto. «Sono moderatamente ottimista. I dati ci danno un segnale interessante e rassicurante. Premesso che dobbiamo attendere un consolidamento dei numeri della cassa integrazione da ottobre a oggi, possiamo già intravedere un futuro meno plumbeo del previsto». Già, perché la cartina di tornasole della «cassa» non mente e racconta la storia economica recente di una regione, massacrata come e più di altre sul fronte turistico, ma che non si è arresa. La produzione non è certo al palo.
I numeri oggi
Partiamo dalla domanda più impellente: quanti veneti sono ancora oggi in cassa integrazione? «La stima che possiamo fare in base all’andamento delle domande accettate - ragiona Pone - ci porta vicini alle 80 mila unità. Il trend è stabile nelle ultime settimane e i numeri fra cui spulciare sono soprattutto quelli della fascia di utilizzo». Facciamo un passo indietro. Si fa presto a dire «cassa integrazione». Lo strumento è flessibile. Lo si può usare, e lo si usa, soprattutto in situazioni eccezionali come quella legata alla pandemia, anche per economizzare un po’ in vista della ripartenza. L’utilizzo è suddiviso in fasce. Stravincono
oggi (ma pure in buona parte dello scorso anno, lockdown incluso) le fasce al 20 al 40% e dal 40 al 60%. Poche davvero, invece, le aziende che ricorrono alla fascia conosciuta come «zero ore», tecnicamente «cassa al 95%». Ecco, questo specifico segmento è quello che lo stesso Pone individua come potenzialmente più a rischio nel momento in cui il blocco dei licenziamenti verrà a cadere. «È un segnale che l’azienda è in difficoltà. Il ricorso alla cassa a zero ore o al 95% già a settembre era molto limitato, sotto il 10%, e i segnali che abbiamo nei mesi successivi ci dicono che ci sia stata una ulteriore contrazione. - spiega il direttore dell’Inps - Parliamo di circa 7, 8.000 persone». Tanti, quindi, sarebbero i lavoratori il cui posto di lavoro è a rischio. Purtroppo, a questi numeri, vanno aggiunti quelli che il lavoro l’hanno già perso, intermittenti e stagionali del turismo. Numeri, per dare un’idea, davvero piccoli: in regione l’Istat conta 2 milioni e 98 mila lavoratori con diversi
Generalizzare e appiattire i dati sulla cassa integrazione sarebbe un errore. «Il fenomeno è diventato spiccatamente settoriale. - spiega Pone - I settori dove le percentuali di ricorso alla cassa sono più alte, ristorazione e alloggio, soprattutto a Venezia, si spiegano facilmente con il crollo del turismo ma anche con le cene al ristorante vietate. In difficoltà anche commercio, il manifatturiero legato soprattutto al made in Italy e poi, ancora, la meccanica. Soffrono molto meno settori come le costruzioni». Eppure le domande di cassa arrivano un po’ da tutti. Perché? «C’è stata contrazione significativa dell’attività ma gestita commenta il direttore dell’Inps - con dinamiche di rotazione interna in modo da essere pronti nel momento in cui le commesse sarebbero ripartite. Le aziende, quando hanno potuto, hanno lavorato». Le domande a inizio luglio erano 15.000 a settimana, ora siamo vicini alle 6.000, quasi un terzo.
Le prospettive
In totale, i beneficiari di un qualche periodo di cassa integrazione, da inizio marzo a fine settembre 2020 (i dati consolidati possono arrivare solo fin qui), sono stati 626.625. La stima a oggi è che il numero sia salito circa a 800.000, non uno su due, ma quasi. La parte del leone lo fa il manifatturiero seguito a ruota da commercio, meccanica e turismo. Le richieste di bonus per autonomi, partite Iva ecc, sono state quasi 500 mila di cui accettate solo 3 su 4: 359.253. Che succede ora? «Io sono ottimista, credo che la politica attenderà di avere dati più consolidati conclude Pone - per poi procedere con una valutazione ragionata ma, ripeto, io sono moderatamente ottimista. Credo i processi espulsivi, una volta tolto il blocco ai licenziamenti, non saranno eclatanti come viene paventato». Fermo restando che parte delle «espulsioni» c’è già stata per il popolo di intermittenti e stagionali del turismo. Per loro e per chi perderà il lavoro nei prossimi mesi, sono imperative politiche attive fra cui spiccano gli incentivi all’assunzione e la riqualificazione professionale. Un punto su cui concorda con forza anche Tiziano Barone, direttore di Veneto Lavoro che in un recente intervento ne parlava come di «un fattore chiave, un vero e proprio diritto che però risulta ancora poco diffuso». Un discorso a parte merita, naturalmente, il turismo sulla cui ripresa si prevedono tempi molto più lunghi. La cassa integrazione, in questo settore, consentirebbe di mantenere i posti di lavoro dei dipendenti fidelizzati che per un’azienda turistica sono un valore aggiunto. Veneto Lavoro che si occupa dei flussi del mercato del lavoro, a inizio febbraio tracciava un primo bilancio sull’anno anomalo del virus. «Nel 2020 l’emergenza Covid-19 ha comportato in Veneto una perdita di circa 40 mila posti di lavoro dipendente, tra mancate assunzioni e rapporti di lavoro cessati, riguardanti soprattutto contratti a termine non rinnovati. - spiega Barone - Il terziario è il settore più colpito. Solo nel turismo si contano 15 mila posti di lavoro in meno rispetto al 2019, corrispondenti circa il 40% della perdita occupazionale complessiva. In difficoltà anche commercio, logistica e alcuni comparti del Made in Italy, su tutti occhialeria e sistema moda. E qui le previsioni si fanno più fosche: «Ai circa 40 mila lavoratori che hanno già perso il posto - analizza Barone - aggiungiamo i 20 mila licenziamenti “sospesi” dal blocco che “nasconde” anche lo stato di salute delle aziende “zombie”. Sommando questi nuovi e futuri disoccupati ai circa 140 mila fisiologici che si registrano ogni anno, nel 2021 il rischio è di dover far fronte ad un esercito di circa 200 mila disoccupati».
Pone
Sono poche le aziende che ricorrono alla cassa integrazioni a zero ora, quelli i posti a rischio
Barone/1 Dopo il blocco dei licenziamenti sarà fondamenta le la riqualificazione per chi cambia
Barone/2 Stimiamo 20 mila licenziamenti «congelati» dal blocco più gli altri 140 mila fisiologici