Corriere di Verona

Bordon: «Dai Italia, te la giochi Loro? Sono forti come nel 1980» La bandiera dell’Inter, nato a Marghera, era vice di Zoff nella semifinale (sfortunata) di Roma «Mancini è in gamba: un bel gioco, mai banale»

- Di Lorenzo Fabiano

ra il 1980, nell’aria bolliva una notte di giugno. A Roma, nella canicola dell’’Olimpico, Italia e Belgio si giocavano un posto in finale agli Europei, contro la Germania. Per la differenza reti a loro bastava un pari, noi non avevamo scelta: dovevamo vincere. Spjnti dalla folla, gli azzurri provarono in ogni modo a passare. Tutto inutile, finì 0-0, tra delusione e rabbia per un rigore non dato per un netto fallo di mano di Meeuws. A difendere la porta azzurra il totem Dino Zoff; in panchina, tanto per cambiare, il suo vice Ivano Bordon, veneziano di Marghera, 70 anni in aprile, che poche settimane prima aveva festeggiat­o lo scudetto con l’Inter.

A Zoff non veniva mai manco un raffreddor­e. Lei, Bordon, fece tanta panchina in nazionale: un peso?

«Al suo posto (una bella risata, ndr) avrei fatto lo stesso... Anch’io all’Inter lasciavo poco spazio al secondo. Ho fatto 22 presenze in Nazionale, non mi lamento».

Diciassett­e anni di Inter, una bandiera vera...

«Tre nelle giovanili e quattordic­i in prima squadra. Arrivai dalla Juventina Marghera per un milione e duecentomi­la lire. Con i primi soldi comprai un cappotto a mia madre e mia sorella. Esordii a 19 anni in un derby col Milan. Lido Vieri era fuori per infortunio. Presi due gol, ma tutto passò in secondo piano rispetto alla gioia del debutto».

La chiamavano «Pallottola»: perché?

«Mazzola mi chiamava così per via della mia reattività. Lo disse ai giornalist­i dopo la sfida agli ottavi di Coppa dei  Ivano Bordon è nato nel 1951 a Marghera e ha legato quasi tutta la carriera alla maglie dell’Inter, con cui ha giocato 15 anni come portiere.

 «Secondo» di Dino Zoff in Nazionale, il portiere veneziano ha messo insieme 22 presenze con gli Azzurri, vicendo il Mondiale in Spagna nel 1982 e, due anni prima, uscendo in semifinale all’Europeo contro il Belgio.

 Nel suo palmares anche due scudetti e tre Coppe Italia.

In campo Jorginho e Lukaku, due sicuri protagonis­ti della sfida di questa sera

Campioni col Borussia Monchengla­dbach, quella della lattina di Boninsegna. A Monchengla­dbach Invernizzi mi fece entrare sul 5-1 per il Borussia. E presi altri due gol, uno su rigore e un altro da Netzer. La partita fu annullata; giocammo l’andata a San Siro e vincemmo 4-2, poi andammo a Berlino per il ritorno; parai un rigore, finì 0-0 e passammo il turno. Fu una notte importanti­ssima per la mia carriera».

E del calcio di oggi, che cosa pensa?

«Non mi entusiasma. Vedo giocatori e agenti fare richieste di cifre improponib­ili. Da anni dico che così si fa del male al calcio. A miei tempi c’era poco da discutere, non avevo certo il procurator­e».

Mancini fu suo compagno di squadra alla Samp. Pensava potesse diventare un allenatore di alto profilo?

«Era il pupillo del presidente Mantovani, aveva grandi qualità. Allora non pensavo potesse diventare il grande allenatore qual è: ha fatto benissimo ovunque. L’Italia fa un bel gioco, quando uno ha la palla ce ne sono già tre pronti a riceverla. In panchina ha giocatori che possono cambiare la partita».

Torniamo al 1980, annata burrascosa: lo scandalo scommesse deflagrò a pochi mesi dagli Europei in Italia. Fu invece un anno magico per voi dell’Inter che vinceste lo scudetto. Ricordi?

«Avevamo una gran bella squadra, in tanti arrivavano dal settore giovanile. Rimanemmo in testa dall’inizio alla fine, e non fummo nemmeno sfiorati dalla vicenda del totonero. Una brutta storia, alleviata dall’amore degli italiani per la Nazionale impegnata al campionato d’Europa. Battemmo l’Inghilterr­a a Torino, ci fermammo a Roma con il Belgio, anche per quel rigore netto che non ci fu dato».

Bordon, che squadra era quel Belgio?

«Forte. Con grandi giocatori, uno su tutti Jan Ceulemans. Si era capito subito che avevano tutto per arrivare in fondo. Poi persero la finale contro la Germania».

Possibile un paragone con quello attuale?

«Grandi giocatori avevano allora, altrettant­i ne hanno oggi. Un esempio, i portieri: Pfaff allora, oggi Curtois».

Stasera come finisce?

«Ce la giochiamo. Certo che se mancano due come Hazard e De Bruyne, ce la giochiamo meglio...».

Il pronostico «Vedo una partita aperta e noi ci siamo: e se non ci sono Hazard e De Bruyne per noi è un vantaggio»

La sfida all’Olimpico «Quel Belgio aveva tutto per arrivare in fondo, a noi però non diedero un rigore»

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