Corriere di Verona

L’ESTATE CHE GUARDA DENTRO

- Di Gabriella Imperatori

Estate, ferie in montagna, al mare o, per chi se lo può concedere, in viaggio. Ma vacanza perfino in città, per chi non può permetters­i di lasciarla o anche per chi l’ama quando è quasi deserta e invoglia a camminare guardandos­i intorno strade, piazze, monumenti, dettagli architetto­nici mai scoperti prima, cose belle o sempliceme­nte curiose, che sembrano messe lì ad attendere una foto. Oppure quando invita a ritrovare qualche vecchio amico/a con cui i rapporti erano stati interrotti dal Covid, e magari passare insieme serate al cinema all’aperto ben protetti contro le zanzare, o a fare indigestio­ne di libri da leggere per la prima volta o da rileggere vent’anni dopo la prima. Questo e altro ci offre l’estate quando restiamo a casa, e non è poco.

Succede però talvolta che, nonostante ciò che di buono possiamo godere durante le ferie estive quando non fa un caldo africano, quando ci vengono risparmiat­i nubifragi e grandinate, ci prenda un senso di vuoto, una malinconia per quello che abbiamo desiderato e non avuto. Ho sentito da più persone, in questo periodo, che anch’esse han provato questa sorta di malinconia, specie se vivono sole.

Non si tratta, beninteso, di piangersi addosso, di abbandonar­si senza reagire alle sensazioni dolorose che quasi tutti proviamo proprio per non avere avuto ciò che avevamo sperato: un compagno di vita, un figlio, un lavoro più soddisface­nte, una casa più bella.

Oppure dei viaggi affascinan­ti in luoghi esotici, un momento di (piccola) gloria o di (grande) soddisfazi­one. Certo sappiamo bene che le sventure sono altra cosa: sono la perdita di una persona cara, un naufragio nel cimitero del Mediterran­eo, quando si era sperato in un approdo a una terra più ospitale di quella da cui si fuggiva, uno stupro, un’adolescent­e costretta dal padre a sposare uno sconosciut­o, un lavoro perduto senza colpa... Ma se abbiamo avuto la buona sorte di evitare le disgrazie, quasi tutti abbiamo, almeno se siamo sufficient­emente sensibili, qualcosa di «assente» che ci perseguita: perché la condizione umana non è mai priva di dolore anche se conosce luminosi momenti di gioia.

Di solito ci pensiamo poco, abbiamo troppo da fare, nel lavoro, in famiglia, quando la salute lascia a desiderare. L’estate, se non è troppo tumultuosa e chiassosa, ci permette invece di riscoprire il nostro io più profondo e magari il senso (un senso) della vita.

Una malinconia positiva, insomma? Forse sì.

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