Corriere di Verona

Rebellin, 50 anni festeggiat­i in bici «Ma un Prosecco me lo concedo» L’irriducibi­le dei pedali si allena al Sestriere: «A settembre decido se correre un altro anno»

- Andrea Pistore

Niente pranzo con gli amici, spumante o torta ma una «normale» pedalata in montagna per tenere buona la gamba. Vita da atleta anche nel giorno del cinquantes­imo compleanno. Fantascien­za, follia? Semplice routine quasi trentennal­e se ti chiami Davide Rebellin, il ciclista veronese che vive a Lonigo giunto alla 29esima stagione nel profession­ismo e che proprio ieri ha spento le 50 candeline. Un irriducibi­le che non molla mai alla Gigi Buffon, nella stagione olimpica che ha visto appendere al chiodo costumi (vedi Federica Pellegrini) e sciabole (leggi Aldo Montano) di altre icone dello sport.

Rebellin, come ha trascorso il compleanno?

«In bici, con una lunga uscita. Sono al Sestriere a fare 11 giorni di altura e nei fine settimana accompagno i cicloturis­ti, così abbino la passione all’allenament­o».

Torniamo indietro, come si è innamorato della bicicletta?

«Da bambino papà Gedeone guidava una squadra amatoriale, la Rebellin Market, dal nome dell’alimentari che gestiva. A 8 anni ho iniziato a correre e alla domenica portavo già a casa le prime coppe. Si andava a 30 all’ora ma io volevo sempre stare davanti».

Quando ha deciso che sarebbe diventato un Pro?

«Da juniores vincevo e avevo capito di avere qualche numero. Dopo le Olimpiadi di Barcellona del 1992 c’è stata la svolta. Tornato in Italia, a settembre ho disputato la prima tra i profession­isti a Camaiore. C’erano tutti i più forti, tra cui Marco Pantani».

Lei ha vinto una settantina di corse, qual è il successo più bello?

«La Liegi-Bastogne-Liegi del 2004. La classica più antica e che amo di più. Quell’anno, in una settimana arrivai primo anche all’Amstel Gold Race e alla Freccia-Vallone».

Come mai ha scelto di puntare solo sulle corse di un giorno?

«Nel 1996 vinsi una tappa al Giro d’Italia e indossai la maglia rosa per 6 giorni. Alla Vuelta poi conclusi settimo e l’anno dopo passai alla Française des Jeux come uomo di classifica, ma al Tour andai piano. Una

Intramonta­bile Davide Rebellin ieri ha compiuto 50 anni settimana più tardi vinsi la Clásica di San Sebastiáne, nei grandi giri non riuscivo a migliorare e cambiai obiettivo».

Il rimpianto più grande?

«Non vincere Il Lombardia. E poi c’è l’argento olimpico del 2008 a Pechino che mi è stato tolto un anno dopo per doping. Per quel fatto sono stato assolto ma la medaglia non mi è mai stata restituita».

A proposito, ha seguito l’Italia a Tokyo?

«Non ho perso una gara. L’oro nell’inseguimen­to è stato un brivido indescrivi­bile».

Domanda inevitabil­e: è la sua ultima stagione?

«Non so se smettere con i 50 anni o concludere l’anno prossimo dopo 30 stagioni di carriera. Deciderò a settembre. Intanto, a fine agosto disputerò il giro di Romania e un po’ di gare in Italia. Se non fossi competitiv­o avrei già abbandonat­o. I sacrifici non pesano e non continuo per la gloria ma per seguire la mia passione».

Merito della dieta vegana?

«Non solo. È il cuore che ci metto sempre».

La dieta «Merito della dieta vegana? Non solo, è il cuore che ci metto»

Molto lo deve alla WorkServic­e, la squadra padovana dove milita.

«Massimo Levorato è un imprendito­re serio, innamorato del ciclismo. Mi piacerebbe restare anche quando smetterò con un ruolo dirigenzia­le, aiutando a far crescere i giovani».

Dica la verità, un brindisi se lo concede?

«Certo, con il Prosecco delle nostre terre».

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