Rebellin, 50 anni festeggiati in bici «Ma un Prosecco me lo concedo» L’irriducibile dei pedali si allena al Sestriere: «A settembre decido se correre un altro anno»
Niente pranzo con gli amici, spumante o torta ma una «normale» pedalata in montagna per tenere buona la gamba. Vita da atleta anche nel giorno del cinquantesimo compleanno. Fantascienza, follia? Semplice routine quasi trentennale se ti chiami Davide Rebellin, il ciclista veronese che vive a Lonigo giunto alla 29esima stagione nel professionismo e che proprio ieri ha spento le 50 candeline. Un irriducibile che non molla mai alla Gigi Buffon, nella stagione olimpica che ha visto appendere al chiodo costumi (vedi Federica Pellegrini) e sciabole (leggi Aldo Montano) di altre icone dello sport.
Rebellin, come ha trascorso il compleanno?
«In bici, con una lunga uscita. Sono al Sestriere a fare 11 giorni di altura e nei fine settimana accompagno i cicloturisti, così abbino la passione all’allenamento».
Torniamo indietro, come si è innamorato della bicicletta?
«Da bambino papà Gedeone guidava una squadra amatoriale, la Rebellin Market, dal nome dell’alimentari che gestiva. A 8 anni ho iniziato a correre e alla domenica portavo già a casa le prime coppe. Si andava a 30 all’ora ma io volevo sempre stare davanti».
Quando ha deciso che sarebbe diventato un Pro?
«Da juniores vincevo e avevo capito di avere qualche numero. Dopo le Olimpiadi di Barcellona del 1992 c’è stata la svolta. Tornato in Italia, a settembre ho disputato la prima tra i professionisti a Camaiore. C’erano tutti i più forti, tra cui Marco Pantani».
Lei ha vinto una settantina di corse, qual è il successo più bello?
«La Liegi-Bastogne-Liegi del 2004. La classica più antica e che amo di più. Quell’anno, in una settimana arrivai primo anche all’Amstel Gold Race e alla Freccia-Vallone».
Come mai ha scelto di puntare solo sulle corse di un giorno?
«Nel 1996 vinsi una tappa al Giro d’Italia e indossai la maglia rosa per 6 giorni. Alla Vuelta poi conclusi settimo e l’anno dopo passai alla Française des Jeux come uomo di classifica, ma al Tour andai piano. Una
Intramontabile Davide Rebellin ieri ha compiuto 50 anni settimana più tardi vinsi la Clásica di San Sebastiáne, nei grandi giri non riuscivo a migliorare e cambiai obiettivo».
Il rimpianto più grande?
«Non vincere Il Lombardia. E poi c’è l’argento olimpico del 2008 a Pechino che mi è stato tolto un anno dopo per doping. Per quel fatto sono stato assolto ma la medaglia non mi è mai stata restituita».
A proposito, ha seguito l’Italia a Tokyo?
«Non ho perso una gara. L’oro nell’inseguimento è stato un brivido indescrivibile».
Domanda inevitabile: è la sua ultima stagione?
«Non so se smettere con i 50 anni o concludere l’anno prossimo dopo 30 stagioni di carriera. Deciderò a settembre. Intanto, a fine agosto disputerò il giro di Romania e un po’ di gare in Italia. Se non fossi competitivo avrei già abbandonato. I sacrifici non pesano e non continuo per la gloria ma per seguire la mia passione».
Merito della dieta vegana?
«Non solo. È il cuore che ci metto sempre».
La dieta «Merito della dieta vegana? Non solo, è il cuore che ci metto»
Molto lo deve alla WorkService, la squadra padovana dove milita.
«Massimo Levorato è un imprenditore serio, innamorato del ciclismo. Mi piacerebbe restare anche quando smetterò con un ruolo dirigenziale, aiutando a far crescere i giovani».
Dica la verità, un brindisi se lo concede?
«Certo, con il Prosecco delle nostre terre».