Il marchio Asiago registrato in Cile: «È la lobby statunitense»
Per provarci, ci provano gli americani. Anche con il formaggio Asiago. E ogni volta che alza la testa il Consortium of Common Food Names, una delle lobby statunitensi più potenti del settore alimentare, da questa parte dell’Atlantico, a queste latitudini, gli imprenditori di prodotti a tutela giuridica vanno in iperventilazione. La causa, questa volta, affonda le radici nella richiesta del Ccfn pubblicata sull’equivalente cileno della Gazzetta Ufficiale italiana. Gli statunitensi hanno chiesto di registrare il marchio «Asiago» e «Parmigiano», per i formaggi, e «Bologna», mortadella. E questo nonostante il paese sudamericano sia impegnato, ricorda Coldiretti «in negoziati con l’Unione Europea sulla modernizzazione dell’Accordo Ue-Cile. Si devono bloccare tentativi che possano portare a ripercussioni sul lavoro e sviluppo delle nostre imprese».
Che su questo capitolo i compatrioti di Pablo Neruda abbiano un approccio nevrotico, non è un mistero. Se da un lato, afferma Coldiretti, «hanno introdotto il bollino nero in etichetta che sconsiglia di fatto l’acquisto di prodotti italiani», dall’altro «è in corso riconoscimento del marchio Asiago» dicono dal Consorzio di tutela. Sull’Altopiano la notizia, per quanto grave, è stata accolta per quella che è: «Conosciamo il Ccfn – fanno sapere dal Consorzio di tutela del formaggio Asiago -. Il loro è un tentativo che si ripresenta in modo ciclico. E’ un’azione di disturbo. Questo però non ci fa diminuire l’attenzione». Il primo obiettivo da perseguire, ricordano i gli addetti ai lavori, è il riconoscimento del marchio, con tutto ciò che ne consegue in relazione alla tutela e, a cascata, sui fatturati. Che poi una lobby di un paese privo di storia e cultura alimentare si presenti legittimamente come un ente «indipendente, un’alleanza internazionale no profit, che rappresenta i consumatori e i produttori alimentari, al fine di preservare la capacità dei consumatori e dei produttori di tutto il mondo di utilizzare un nome comune, per proteggere il valore dei brand e prevenire nuove barriere al commercio», spaventa i produttori agroalimentari più dell’azione lobbistica in sé. Interviene anche l’europarlamentare veronese del Carroccio, Paolo Borchia: «Ho depositato un’interrogazione urgente alla Commissione, è inaccettabile questo ulteriore schiaffo ai nostri produttori in nome del neoliberismo più sfrenato. Il consorzio americano non è nuovo a queste iniziative, per aumentare i profitti delle multinazionali con prodotti di qualità inferiore rispetto ai nostri».