Si era finta nullatenente per non pagare il mutuo: beni bloccati a un’imprenditrice
Veronese nei guai in Toscana, scatta il sequestro per oltre 51 mila euro
Avrebbe finto di essere nullatenente per non pagare un mutuo da oltre 72 mila euro, ottenuto nel 2011 come socio unico di una società operante nel settore pubblicitario, con sede a Verona. Secondo quanto ricostruito dai militari, il mutuo era garantito al 70% da Microcredito centrale spa perché la donna aveva avuto accesso al Fondo di garanzia per le piccole e medie imprese. Per farlo, sostiene ancora l’accusa, avrebbe emesso fatture per operazioni inesistenti in modo da dimostrare la presunta solidità della sua azienda.
Nei guai a Firenze è finita una veronese di Bovolone, la 56enne Patrizia Benoni, nei cui confronti su ordine del gip Angelo Antonio Pezzuti seguito dai carabinieri di Firenze un decreto di sequestro preventivo di beni mobili e immobili per un valore di 51 mila 706,5 euro.Per lei l’accusa è truffa aggravata, in quanto «nella qualità di socio unico e amministratore della Golden Time Communication srl e poi come socio e amministratore della Amorino srl», si legge nel decreto di sequestro, avrebbe ottenuto «l’erogazione di un mutuo agevolato per acquisto scorte da un fondo di garanzia statale nel dicembre 2011, poi appropriandosene con artifizi e raggiri». In particolare avrebbe «omesso di pagare tutte le rate di tale mutuo e, fallita la Golden Time fin dal 2012», avrebbe quindi sottratto «al creditore le garanzie prestate, prima costituendo la società Amorino srl e schermando la proprietà del 66% con quote sociali mediante l’interposizione fittizia di Europa Trust spa e impiegando in essa le sue risorse finanziarie, procedendo a rilevare (per la somma di 315 mila euro) il ristorante oggi denominato Amorino di Scandicci, di proprietà di Amorino srl». Dopodiché, «a seguito dell’intimazione a pagare la cartella esattoriale di 59.799 euro notificatale il 30 agosto 2026 da Equitalia», l’imprenditrice avrebbe ceduto «fittiziamente le sue quote» a un terzo, «già suo socio al 20% (un albanese residente a Prato già indagato per reati finanziari) «per non subire il pignoramento delle sue quote e di risultare “impossidente”, tanto che al ricevimento della raccomandata relativa all’atto di pignoramento dei crediti verso terzi risultava effettivamente priva di cespiti aggredibili». L’indagine , paradossalmente, partì dalla denuncia per tentata estorsione sporta dalla veronese nei confronti di tre soggetti di nazionalità albanese, tra cui il suo socio minoritario nel ristorante. Fu l’inizio dei suoi guai.
L’inchiesta La 56enne di Bovolone è accusata di truffa aggravata per ottenere agevolazioni pubbliche
La beffa Paradossalmente l’indagine partì da una denuncia per estorsione sporta dall’indagata