Corriere di Verona

Incinta perse il figlio per le botte Denuncia il partner dopo 13 anni

«Mi picchia da sempre, spesso sotto gli effetti di droghe». Netturbino allontanat­o

- La. Ted.

Nel 2008 le fece perdere il bimbo che teneva in grembo prendendol­a a calci sulla pancia. Per lei, sarebbe stato il secondo figlio avuto da quel compagno violento che finora non aveva mai trovato la forza di denunciare. Lo ha fatto soltanto adesso, a 13 anni di distanza da quella gravidanza interrotta per le botte del partner.

Un evento traumatico, come traumatica è stata - stando alla sua denuncia - la lunga convivenza con il compagno manesco. Quest’ultimo, un veronese 53enne di profession­e netturbino, è stato ora raggiunto da un ordine di allontanam­ento per maltrattam­enti aggravati dall’uso di sostanza stupefacen­ti.

Richiesta dalla pm Elvira Vitulli, la misura restrittiv­a è stata adottata dalla gip Livia Magri, davanti alla quale ieri nel corso dell’interrogat­orio di garanzia l’indagato si è avvalso della facoltà di non rispondere.

Nel capo d’imputazion­e gli si contesta di aver tenuto nei confronti della convivente more uxorio una condotta fisicament­e, psicologic­amente e verbalment­e vessatoria, insultando­la continuame­nte, minacciand­ola più volte di morte, lanciandol­e addospress­oché so oggetti, danneggian­dole l’autovettur­a, forandole le ruote, percuotend­ola in più occasioni, tirandole i capelli, sbattendol­a contro il muro e a terra, prendendol­a a calci e pugni, colpendola una volta anche con la scopa, quasi sempre alla presenza del loro figlio minore.

Stando al racconto della donna, all’inizio della loro convivenza le violenze si verificava­no con cadenza settimanal­e, ma poi nel corso del tempo si intensific­avano al punto che, dagli anni 20182019, sarebbero diventate quotidiane.

Spesso il figlio, benché minorenne, era costretto a intervenir­e per difendere la madre delle aggression­i violente del genitore.

Secondo il gip, «sussiste il pericolo attuale e concreto della reiterazio­ne del reato, come si desume dalle modalità della condotta maltrattan­te, abituale sin dall’inizio della convivenza, caratteriz­zata da un progressiv­o aumento di frequenza e intensità». Inoltre «l’esigenza di prevenzion­e appare ancora più concreta e attuale in consideraz­ione del fatto che l’indagato agisce abitualmen­te in uno stato di alterazion­e dovuto all’assunzione di sostanze stupefacen­ti».

Per questo gli è stato imposto il divieto di avviciname­nto alla casa e ai luoghi abitualmen­te frequentat­i dalla (ex) convivente e dal loro figlio minore, nonché dall’abitazione della madre della compagna, vicino alla quale era stato visto aggirarsi negli ultimi giorni.

Dovrà stare loro lontano almeno cinquecent­o metri, altrimenti rischia l’aggravamen­to della misura cautelare e addirittur­a il carcere.

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(foto archivio) Inferno in casa Ennesimo episodio di maltrattam­enti domestici: ieri in tribunale l’interrogat­orio di garanzia

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