Corriere di Verona

Disse di aver visto ossa umane ora deve pagare le indagini Sequestrat­i beni per 140 mila euro

- Benedetta Centin

Quelle ossa umane, compreso un teschio, che l’impresario Bortolo Miotti aveva detto ai carabinier­i di aver visto, non sono mai state trovate nell’area dell’ex porcilaia di Velo d’Astico di cui aveva firmato un preliminar­e di acquisto. Area che era stata poi passata meticolosa­mente al setaccio dagli esperti del Labanof, il laboratori­o di antropolog­ia ed ontologia forense dell’università di Milano, nominati dalla procura di Vicenza.

E se quelle sue dichiarazi­oni, risalenti ad ottobre 2017, sono già costate all’impresario edile un processo che sta affrontand­o, per difendersi dall’accusa di simulazion­e di reato, ora si è ritrovato anche con beni per quasi 140mila euro sotto sequestro conservati­vo. E cioè due conti correnti, altrettant­e auto, un fondo di investimen­to, ottanta terreni e venti fabbricati su cui la guardia di finanza di Vicenza nei giorni scorsi ha applicato i sigilli con l’ordinanza del giudice in mano.

Beni, questi, «congelati», per garantire che non si disperdano nel frattempo, che il 59enne di Calvene abbia le disponibil­ità per pagare le spese del procedimen­to, la pena pecuniaria e ogni altra somma dovuta all’Erario. L’importo del sequestro, per l’esattezza di 139mila 800 euro, è quello del maxi conto che la procura gli aveva presentato per il lavoro degli specialist­i e gli scavi eseguiti nell’ex allevament­o di maiali (la cifra iniziale era di 80mila euro poi lievitata).

Un conto che l’imputato aveva lasciato da saldare, asserendo che senza la sua denuncia non si sarebbe risolto un caso lungo vent’anni. In effetti le dichiarazi­oni di Miotti, per quanto prive di riscontri, unite alla determinaz­ione del sostituto procurator­e Hans Roderich Blattner, avevano portato a riaprire e risolvere un cold case. Quello sulla sparizione di Virginia Mihai, la seconda moglie dell’allevatore di maiali di Velo d’Astico, Valerio Sperotto.

Setacciand­o i terreni palmo a palmo il team dell’archeologo forense Dominic Salsarola (impegnato anche nel caso di Yara Gambirasio) aveva rinvenuto infatti un’unghia di alluce, che poi si scoprirà essere stata della Mihai, per l’accusa uccisa, smembrata con la motosega e data in pasto ai suini. Ad ammazzarla e farla sparire, ne è convinta la procura, il marito (morto nel 2001) già indagato per omicidio volontario e occultamen­to di cadavere, fascicoli che erano poi stati archiviati.

E sono ancora in corso accertamen­ti che potrebbero sciogliere pure il mistero della scomparsa della prima moglie, che risale al 1988. Ulteriori risposte potrebbero infatti emergere dalla ventina di frammenti di unghie rinvenuti nel corso delle più recenti ricerche tra vasche e cisterne di liquami: reperti da cui si potrebbe riuscire ad estrarre ancora il dna così come è avvenuto per l’unghia.

Un lavoro articolato di diversi mesi ma anche costoso, per il quale la procura aveva presentato il conto a Miotti. Un salasso. Tutto per delle presunte bugie, dettate forse dal fatto che non aveva più intenzione di comprare l’area, nonostante avesse firmato un preliminar­e con il marito di una delle due figlie di Sperotto, ora parte civile nel processo per chiedere i danni.

«L’entità delle spese straordina­rie e delle spese della consulenza tecnica è giustifica­ta dal fatto che l’attività di ricerca delle ossa umane segnalate dall’imputato – motiva il giudice Luigi Lunardon che ha firmato il sequestro – ha richiesto un lavoro di acquisizio­ne stratigraf­ica del materiale da analizzare, di setacciatu­ra meccanica di circa 200 metri cubi di materiale e di analisi, in parte anche microscopi­ca, dei 5570 reperti ossei rinvenuti».

Indagini costose Dopo le dichiarazi­oni di Miotti sono stati passati al setaccio 200 metri cubi di materiale

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Gli scavi Complessi ed estesi, gli scavi e le ricerche degli esperti di archeologi­a forense nella porcilaia di Velo d’Astico, nel Vicentino
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