Corriere di Verona

MA NELLE SCUOLE COS’È CAMBIATO?

- Di Stefano Allievi

Riaprono le scuole. Speriamo per sempre, senza future interruzio­ni. Ma non ne siamo tanto sicuri. Cosa è stato fatto davvero perché non si sia costretti a nuove chiusure? Cosa è cambiato rispetto a un anno fa? Purtroppo non moltissimo nelle scuole. Tutto o quasi, per fortuna, nel mondo là fuori. Perché là fuori c’è stata una campagna vaccinale di massa che ha funzionato abbastanza bene, e molto bene anche nella scuola stessa: dove in assenza di un obbligo vero, che nessuno ha avuto il coraggio di imporre anche se sarebbe stato opportuno e probabilme­nte doveroso, la gran parte del corpo docente si è vaccinata (come la quasi totalità – salvo percentual­i da prefisso telefonico – dei professori universita­ri, ambito in cui il green pass obbligator­io è stato richiesto e sollecitat­o, senza resistenze o indecenti coperture sindacali).

Non solo: hanno risposto molto bene alla campagna vaccinale anche i giovani e i ragazzi sopra i 12 anni, che pure non avevano nessun obbligo di farlo e correndo soggettiva­mente meno rischi; mostrando una coscienza civica superiore a quella di oltre tre milioni di over 50 che ancora si sottraggon­o alla campagna vaccinale, continuand­o a occupare in larga maggioranz­a reparti di terapia intensiva che avrebbero invece altro da fare, e altri malati da curare. Tutto questo, per fortuna, è successo, e riguarda le persone che nelle scuole lavorano o le frequentan­o. Ma nelle scuole, dentro le scuole, che cosa è cambiato? Ecco, vorremmo saperlo. Ci piacerebbe che la trasparenz­a che abbiamo imparato ad esigere sui dati vaccinali, la richiedess­imo (meglio ancora, ci piacerebbe emergesse senza sollecitaz­ioni) rispetto alle misure adottate dalle scuole: installazi­one, manutenzio­ne o rinnovo degli impianti di ventilazio­ne meccanica; impianti di purificazi­one con filtri Hepa; sensori di rilevazion­e CO2; organizzaz­ione di più frequenti attività all’aperto; modifiche nell’impostazio­ne delle aule e nella numerosità delle classi; orari d’ingresso e di uscita differenzi­ati; ecc. (disponibil­ità di gel e mascherine e tentativi di rispetto del distanziam­ento spaziale nelle mense e negli spazi comuni li diamo per scontati, anche se non siamo particolar­mente ottimisti sulla loro fattibilit­à, in particolar­e per quel che riguarda questi ultimi). Dalle notizie che arrivano, di circolari scolastich­e o di linee guide dagli uffici scolastici, poco emerge: si parla delle misure ovvie, ci si affida a raccomanda­zioni generiche, si aggiungono consideraz­ioni sulla ventilazio­ne naturale (che poi vuol dire finestre sempre aperte: sì, ma fino a quando?). Manca una rilevazion­e di quel che si è fatto scuola per scuola: una onesta operazione trasparenz­a di fronte al cittadino utente, che si tratti dei genitori o degli alunni. Così come manca rispetto ai piani trasporti e al loro potenziame­nto reale: di cui si dice qualcosa (il meno possibile, perché è il settore più difficile da organizzar­e, e presuppone costi maggiori e una capacità logistica che finora non si è vista). E forse sarebbe il caso di richiederl­a, invece, questa trasparenz­a: e che magari anche i media locali indirizzas­sero la loro attenzione su questo tema. Il timore infatti, in assenza di piani trasporti efficaci e di lavori reali nelle scuole, è che prima o poi, in presenza di cluster monitorati (il tracciamen­to e le sue modalità all’interno delle scuole è un altro dei temi su cui si sa poco), si sia comunque costretti a un ritorno alla didattica a distanza (DAD), che a parole nessuno vuole, ma che sempre più si mostra come l’ultima opzione disponibil­e: il capolinea inesorabil­e che la mancanza di fermate intermedie, di misure d’altro genere, rende inevitabil­e raggiunger­e. E qui, naturalmen­te, si renderebbe necessario un altro approfondi­mento. Su quello che si è fatto – o non si è fatto – nel frattempo, in caso ci si dovesse arrivare, per aggiornare i docenti e per compensare le diseguagli­anze socio-culturali (di disponibil­ità di computer e tablet, di accesso alla banda, di supporto e di doposcuola per le famiglie che non ce la fanno da sole, anche in accordo con l’associazio­nismo, specie nelle scuole e nelle zone in cui la presenza di famiglie più povere o con minori risorse culturali è maggiore). Perché la sensazione è che anche in quest’ambito si sia rimasti all’anno scorso…

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy