Polizia schierata sui binari ma i «no pass» erano venti
La polizia presidia gli accessi ai binari ma pochi manifestanti. Peschiera, non si presenta nessuno
Molto rumore per nulla. E, soprattutto, un punteggio impietoso: 37 a 20. Il succo della protesta contro la «dittatura del green pass» a Verona è racchiuso qui. In quel paventato «blocchiamo i treni» che si è liquefatto in un comizio da tre minuti nella hall di Porta Nuova. E in quelle presenze che hanno visto «vincere» con uno scarto di 17 persone gli studenti universitari che in mattinata avevano protestato contro l’obbligo della certificazione anti Covid davanti al Polo Zanotto, «contro» la ventina di manifestanti che si sono ritrovati nel piazzale antistante la stazione.
Ha seguito il «flop» che ha incamerato in tutta Italia, la protesta scaligera contro l’obbligo di avere il green pass per salire sui treni. E ancora peggio è andata a Peschiera, dove al «richiamo» del blocco non si è presentato nessuno. In città la «manifestazione statica», che era stata preannunciata alla questura ed era autorizzata, ha avuto inizio più tardi rispetto al resto della Penisola dove si è svolta alle 15. E proprio con l’intento di radunare più persone a Porta Nuova è stata indetta alle 18. Ordine alquanto sparso, con alcuni simpatizzanti arrivati nel primo pomeriggio «perché i tg dicevano che era alle 15», a «tener compagnia» al reparto mobile della polizia. Digos, polizia ferroviaria e trenta agenti, arrivati da Bologna, che la tenuta anti sommossa l’hanno indossata quasi a favore di viaggiatori e turisti che li fotografano e non certo per la «temerarietà» dei manifestanti, per creare un «filtro» all’ingresso del tunnel che porta ai binari, ai quali - dalle 18 e fino alla fine del presidio si poteva accedere solo presentando il biglietto ferroviari. Tant’è. Come vuole l’adagio non è «la quantità, ma la qualità» quella che conta. Come ha spiegato Francesca Menin, presidente del comitato «Verona per la libertà». «Non ci sono molte persone perché è un giorno lavorativo. Il comitato è nato un anno fa in conseguenza a tutte le restrizioni Covid. A ciò si sono aggiunti i vari movimenti di piazza che non hanno un colore politico e un’identità precisa ma hanno un unico scopo, che è quello di manifestare contro il green pass. Qui non vale il binomio “no green pass”, “no vax”. Nel nostro movimento ci sono anche persone che si sono vaccinate, ma che contestano l’obbligatorietà di mostrare la certificazione. E oggi non siamo in molti perché penso ci sia stata un’enfatizzazione da parte dela stampa e quindi molte persone siano state a casa anche per quello. Credo che le proteste vadano istituzionalizzate, ma sono anche dell’idea che i giornali enfatizzino troppo molti discorsi, perché qua siamo tutti diversi...». Per poi arrivare al nocciolo della questione. «Oltre a no vax, negazionisti, fascisti e vari epiteti adesso ci è stato affibbiato anche quello di essere dei violenti. Contraria alla violenza, però ci tengo a dire che se i media forse tenessero il tono un po’ basso... Siamo stati insultati, non è una giustificazione, ma è un’istigazione».
Il flop della protesta a livello locale e nazionale? «Perché c’è stato questo terrore da parte della stampa. Il ministro Lamorgese è capace di schierare un esercito come questo e poi quando si deve tutelare la sicurezza dei cittadini non ci sono...». «Concetti», sulla violenza riservata negli ultimi giorni a giornalisti, virologi e politici, molto cari ad altri partecipanti al presidio veronese. Come Giuseppe per cui quello dei vaccini «è un complotto. Un ricatto. Piuttosto di vaccinarmi mi faccio sparare, non mi faccio un farmaco che non è sperimentato. Quelli che lo hanno fatto sono cavie. E quando fai inviperire le persone che non lo fanno, che sono onesti lavoratori e perdono l’impiego, è giustificabile che ci si ribelli». E Graziano - che con un cartello chiedeva «nuove elezioni» - che gli ha fatto l’eco con un «nel bugiardino del vaccino certi componenti non sono chiari. E altri sono segretati». Il tutto in mezzo a viaggiatori più attenti alla parte «scenografica» che ai significati della protesta. Passata sotto taccia, in attesa del prossimo «appuntamento» sabato in piazza Bra.
Francesca Colpa della stampa che ha enfatizzato la situazione