Zoom Hypervenezia
A Palazzo Grassi l’inventario fotografico di Peliti. Una mappatura della città che durerà fino al 2030
Centimetro per centimetro una Venezia al microscopio, tra architetture e silenzi, completamente priva di presenza umana e atemporale. Ripresa ossessivamente, sempre con la stessa luce, duramente e dolcemente in bianco e nero, una città «evacuata» dall’effetto straniante. Alla ricerca della sua essenza (e coscienza). Ma è una Venezia vera o falsa? Non lascia il visitatore indifferente la nuova proposta espositiva con cui Palazzo Grassi a Venezia riapre le porte dopo sei mesi di chiusura per lavori di manutenzione. In programma da domenica e fino al 9 gennaio 2022, «Hypervenezia» (info: palazzograssi.it) presenta per la prima volta al pubblico l’ambizioso e radicale «Venice Urban Photo Project» dell’architetto, editore e gallerista romano Mario Peliti, che a partire dal 2006 ha iniziato a mappare sistematicamente la città lagunare con le sue fotografie. Un work in progress che vede ad oggi già oltre 12mila scatti realizzati e che continueranno ad aumentare fino alla scadenza del progetto, fissata per il 2030. Per poi diventare un archivio grazie a un accordo che l’autore ha stipulato nel 2018 con l’Istituto Centrale per il Catalogo e la Documentazione (ICCD), e la Soprintendenza Archeologia,
Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia. Curata da Matthieu Humery, una mostra che nasce come un’eccezione: «Gli interventi a Palazzo Grassi – racconta Bruno Racine, direttore di Palazzo Grassi-Punta della Dogana – sono stati più veloci del previsto e nell’anno delle celebrazioni per i 1600 della fondazione di Venezia abbiamo pensato di progettare qualcosa per partecipare alla ricorrenza. In genere in questa sede proponiamo rassegne dedicate ad artisti presenti nella Collezione Pinault. L’«inventario» veneziano di Peliti, dalla dimensione esa
gerata e antipittorico è appassionante». Da Campo San Samuele fino alla punta della Giudecca, al primo piano del settecentesco edificio sul Canal Grande lo spettatore intraprende una laconica passeggiata per Venezia attraverso una lunga infilata scatti, piatti nella loro composizione ma mossi grazie all’idea curatoriale di creare tre grandi installazioni.
Un percorso lineare di 400 fotografie che ripercorrono un ideale itinerario per i sestieri cittadini; una mappa site-specific della città composta da un mosaico di 900 immagini geolocalizzate che offrono una panoramica di Venezia a volo d’uccello, «ideale omaggio alla veduta di Jacopo de’ Barbari», sottolinea Peliti; e un’installazione video di oltre 3mila scatti che scorrono accompagnati dalle note inedite composte per la mostra da Nicolas Godin, membro del duo di musica elettronica «Air». Un viaggio che è come un loop da cui si esce storditi. Ma è questa Venezia? Si vedrà mai una Venezia così? «Venezia – spiega Peliti - è un paesone, ma è cosmopolita. Dalla mostra (realizzata col supporto di Saint Laurent) emerge l’angoscia per una città che potrebbe non avere più abitanti». Emerge, altresì, un mondo parallelo fatto di dettagli e un sentire diverso: «una Venezia hyper, dove il prefisso è da intendersi come una sorta di accesso a un oltre» calca Humery. Una riflessione sul futuro della città d’acqua, una visione interiore.