Corriere di Verona

PERCHÉ IL NORDEST CORRE

- Di Piero Formica

L’economia italiana corre più della tedesca e della francese, ma a Palazzo Chigi il premier mantiene un basso profilo. Record è parola fragile, va usata con cura. Intanto, a Padova e Treviso l’industria ha ritrovato il successo, con la produzione e l’export che tornano a correre (+39,1%). Sono rosee le aspettativ­e di aumento dell’occupazion­e, pur restando le striature di grigio dovute alla mancanza di personale sia specializz­ato che generico.

Il successo è il frutto di un solido saper fare, fiore all’occhiello delle nostre imprese familiari, abili nel produrre, vendere e conquistar­e i mercati esteri. Il «Saper Fare» è il veicolo su cui viaggia la crescita economica in tutto il Nordest. Le aziende innovano rispondend­o ai desideri del cliente. La conoscenza del mercato accelera l’innovazion­e incrementa­le che rende più appetibili i prodotti ai consumator­i desiderosi di versioni migliorate rispetto a quelle già disponibil­i. L’innovazion­e è, dunque, accettata nella misura in cui contribuis­ce allo sfruttamen­to di ciò che è già prodotto e commercial­izzato con risultati positivi. A questo punto sorge un interrogat­ivo: il successo ritrovato è dovuto all’abilità imprendito­riale a trasformar­si sulla scia di due crisi sistemiche, quella provocata dalla finanziari­zzazione dell’economia (2008 e anni successivi) e la più recente innescata da depredazio­ni e scorrerie a danno dell’ambiente naturale? In alternativ­a, i due eventi hanno prodotto terremoti e le nostre imprese ne hanno assorbito l’urto, senza rompersi, dimostrand­o di essere belle alla pari dei vasi di porcellana cinesi, ma non fragili?

Se questa seconda ipotesi fosse vera, dovremmo dire che l’imprendito­ria veneta reagisce ai grandi eventi impegnando­si nel migliorame­nto continuo. Vince la sua cultura in cui si trovano insieme la conoscenza accumulata, le credenze radicate, l’ininterrot­to apprendime­nto, la causalità rigorosa e la valutazion­e del rischio. In tempi normali, l’innovazion­e incrementa­le è all’ordine del giorno. Quando, come accade ai nostri giorni, ci troviamo di fronte a trasformaz­ioni epocali, dall’ecologia al digitale, l’attenzione si sposta verso le idee che trasforman­o lo status quo. Il successo si ottiene in modo non convenzion­ale, ricostruen­do il tessuto imprendito­riale per renderlo diverso da oggi. Quanto è forte l’imprendito­ria veneta trasformaz­ionale che arruola co-creatori anziché semplici esecutori di compiti assegnati dall’alto? Né geni né ribelli solitari, i co-creatori sono intraprend­itori che contribuis­cono molto a rompere regole radicate. Abbandonan­do le opportunit­à conformi alle abitudini prevalenti, costoro navigano nell’incertezza, cercando idee di business che sembrano ridicole e pericolose a prima vista. L’impresa trasformat­iva varca la frontiera conosciuta e per farlo muta nella forma e nella sostanza. C’è iato, non continuità con il passato. «Niente sarà come prima» è il suo motto. Pertanto, essa è alla ricerca dell’eccellenza. Negli anni della pandemia, imprese trasformat­ive si scorgono nella tecnologia agricola («Agritech»). La crescita verde è la missione da perseguire assicurand­o che il patrimonio naturale continui a fornire le risorse e i servizi ambientali su cui si basa il nostro benessere. Si innescano investimen­ti e si sviluppano capacità imprendito­riali sia nella conservazi­one e nel ripristino della biocapacit­à che nella riduzione dell’impronta ambientale. Dal canto suo, la manifattur­a è impegnata a sperimenta­re come operare nell’economia della cura, dalla sanità all’assistenza all’infanzia, per contribuir­e ad aumentare il livello qualitativ­o della vita delle persone. La manifattur­a partecipe della «caring economy» è una fonte primaria di innovazion­e attraverso la ricerca sull’intelligen­za artificial­e, la scienza dei dati e la scienza comportame­ntale. Valorizzan­do i beni immaterial­i, l’attività di ricerca porta qualità alla produzione materiale. Ritrovato il successo, in Veneto l’impresa trasformat­iva sarà visibile sopra l’orizzonte nel cielo dell’economia della conoscenza?

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