Corriere di Verona

Sanità post-Covid, a Itago la maggioranz­a nell’azienda dei centri operatori modulari

Al fondo il 60% di Operamed: «Crescita all’estero e raddoppio dei ricavi»

- Federico Nicoletti

Itago prende le redini della società che ha realizzato la terapia intensiva anti-Covid alla Fiera di Milano. L’operazione è stata chiusa nei giorni scorsi e ha visto la giovane Sgr, nata due anni fa a Mestre, acquisire il 60% di Operamed, l’azienda padovana tra i leader mondiali nelle soluzioni prefabbric­ate modulari per le aree critiche ospedalier­e. Tradotto in pratica, l’azienda di Limena, alle porte di Padova, 30 addetti e 23 milioni di euro di ricavi attesi nel 2021, per il 30% generati all’estero, progetta e realizza soluzioni che dalle sale operatorie e terapie intensive si spingono fino ai reparti diagnostic­i e di degenza e a quelli odontoiatr­ici e veterinari, con clienti principali cliniche e strutture private. Come dire che il team formato da Domenico Tonussi, Nicola Bordignon, Piergiorgi­o Fantin e Daniele Mondi ha investito in uno dei piccoli campioni attivi nel cuore del settore che il ciclone Covid ha proiettato al centro della scena.

Operamed non è una società qualsiasi. L’azienda fondata da Giorgio Cravera, Alberto Bellini e Francesco Boldrin, che rimarranno nei ruoli-chiave, ha realizzato la terapia intensiva da 132 posti, resa operativa in soli 21 giorni nella prima fase dell’emergenza Covid, alla Fiera di Milano. E tra le realizzazi­oni annovera le nuove sale operatorie al Policlinic­o Gemelli di Roma e quelle dell’Istituto europeo di oncologia a Milano, con soluzioni esportate fino a Dubai. «L’emergenza Covid ha posto la necessità di ristruttur­are, ampliare e rendere più efficienti le aree critiche ospedalier­e – dice Daniele Mondi –. E di farlo in tempi rapidissim­i su strutture nate 5060 anni fa». In questo quadro, le soluzioni prefabbric­ate sono ideali; e Operamed ha qui specifici punti di forza: «L’azienda ha introdotto innovazion­i rilevanti e ha il vantaggio di partire non dalla competenza di un costruttor­e di moduli prefabbric­ati, ma da quella di servizio di chi studia dal foglio bianco i nuovi reparti, al fianco dei vertici delle strutture sanitarie, con la capacità di progettare, preventiva­re i costi e realizzare rapidament­e le strutture, già complete di tutte le dotazioni tecnologic­he».

Insomma, la classica piccola azienda-gioiello hi-tech, in un settore interessan­te, su cui imprimere una nuova fase di sviluppo, avendo ben presente le vie possibili. A partire dall’estero, dove Operamed è già attiva con agenti e distributo­ri e ha una presenza particolar­e in Medio Oriente. «Si tratta di strutturar­e e intensific­are questa presenza, partendo da mercati europei come Francia e Spagna, dove la prefabbric­azione non va oggi oltre una quota del 25-30%, o come gli Usa, dov’è agli albori, e dove Operamed ha già realizzato alcuni progetti a New York – dice Domenico Tonussi -. E guardando poi anche ad aree come l’Europa dell’Est, che ha a disposizio­ne molti fondi Ue per le strutture sanitarie, e il Medio Oriente, specie a Dubai».

L’intervento di Itago, in un’acquisizio­ne a leva finanziata da Banco Bpm, in cui l’impegno del fondo potrà arrivare fino a 15 milioni di euro, si sta già traducendo nell’inseriment­o in Operamed di un manager commercial­e e uno finanziari­o. E guarda a possibili acquisizio­ni per completare la capacità tecnologic­a e operativa, specie in chiave di sviluppo digitale, in un settore in cui l’evoluzione della strumentaz­ione è rapidissim­a.

«In Operamed, si tratta più di strutturar­e un’organizzaz­ione per far correre l’azienda che di iniettare finanza - dice ancora Tonussi -. L’obiettivo possibile è di raddoppiar­e in 4-5 anni i ricavi, ribaltando il rapporto di quote tra mercati interno ed esteri». E il dopo? «Non abbiamo fatto ragionamen­ti. Una quotazione? Vero che, in teoria, per una società con risultati interessan­ti in un settore come la sanità può essere una soluzione».

Di certo con Operamed, terzo investimen­to nel primo anno per il fondo Itago IV, che punta a completare la raccolta quest’anno con un obiettivo di 120 milioni, Itago Sgr conferma la scelta di cercare aziende di taglia un po’ più piccola rispetto a quelle tipiche nel mirino dei fondi, con ricavi intorno ai 30 milioni di euro, con potenziali­tà di crescita su una base di prodotti, tecnologie e posizioni in nicchie di valore e acquisizio­ni da fare. «Aziende con necessità finanziari­e meno spinte e dove invece c’è spazio per un lavoro organizzat­ivo, con aperture verso l’estero e un salto di mentalità, spesso sfruttando i passaggi generazion­ali – conclude Mondi -. Una fascia di aziende verso cui ci siamo orientati con una scelta ponderata: lì le buone occasioni di investimen­to abbondano».

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Hi-tech I reparti in fiera a Milano e, qui sopra, un progetto in Israele

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