Cacciari: una perdita per tutto il mondo Veltroni: il più bravo
«Daniele Del Giudice è stato uno degli scrittori più importanti della letteratura italiana contemporanea - lo ricorda così Walter Veltroni, presidente della giuria dei Letterati del Premio Campiello - . Il Campiello aveva deciso di onorarne la figura conferendogli un meritato premio alla carriera. Premio che anche ora, di fronte alla devastante notizia della sua scomparsa, resta tale. Non è e non sarà un premio alla memoria, ma un riconoscimento attuale per le storie e le parole che nei suoi testi ha scelto, per la loro qualità e per le emozioni che ha offerto ai suoi lettori»». Enrico Carraro, presidente della Fondazione Il Campiello e di Confindustria Veneto, aggiunge: «Un profondo cordoglio per la triste scomparsa». Amici e istituzioni si esprimono affranti. Anche il ministro della cultura Dario Franceschini, dalla Mostra del Cinema di Venezia, ieri ha voluto ricordare Del Giudice: «L’Italia perde uno scrittore unico, la cui rara sensibilità narrativa e letteraria è stata riconosciuta ovunque e testimoniata dai numerosi premi ricevuti nella sua carriera». Scrittore, scienziato della parola, consulente editoriale, amico e tanto altro. «Ho presentato tutti i suoi libri, ma quello a cui sono maggiormente legato è Atlante Occidentale – confessa il filosofo e politico Massimo Cacciari -: è un capolavoro per struttura, complessità e novità. Sono contento che il Campiello abbia preso questa decisione del Premio alla carriera. Ho conosciuto Daniele cinquant’anni fa, quando entrambi abitavamo a Roma, eravamo vicini e lo siamo rimasti anche dopo il trasferimento a Venezia. Durante il mio primo mandato da sindaco di Venezia, ha diretto Fondamenta attirando intellettuali da tutto il mondo. Purtroppo al mio secondo mandato, cominciava a perdere la cognizione di sé: ammalarsi di Alzheimer a 56 anni è un’ingiustizia, soprattutto per una mente come la sua. Sono andato a trovarlo alle Zitelle (istituto di ricovero alla Giudecca, ndr) finché il Covid non ha fermato tutto, togliendo anche la consolazione della vicinanza. È stato un mese tremendo: prima se n’è andato Roberto Calasso, poi Gino Strada, ora Daniele Del Giudice, tutte personalità che hanno dato tanto a Venezia. E che tutto il mondo ora perde».
Il fotografo internazionale Graziano Arici dice: «Ho una grossa rabbia che una testa così importante per la letteratura, l’erede spirituale di Italo Calvino, non abbia più potuto esprimersi. Sono stato suo fotografo per Fondamenta. Trent’anni fa l’ho anche ritratto in casa sua a San Polo a Venezia: un’abitazione semplice e molto curata, piena di libri. L’ultima volta che l’ho visto è stato dieci anni fa e ha pronunciato il mio nome». Aggiunge lo scrittore veneziano Tiziano Scarpa: «Era come una stella offuscata – evidenzia – perché era vivo, ma per colpa della malattia non pubblicava più. Bisogna mantenere viva l’opera perché Del Giudice è stato uno scrittore decisivo: ogni frase, ogni parola scelta e ogni decisione lessicale, per lui era cruciale. La sua scrittura contiene in sé il miracolo di avere un grande peso specifico».