Corriere di Verona

PERCHÉ NON È LA DITTATURA DI FOUCAULT

- Di Luca Romano

Irecentiss­imi episodi di aggression­e e di minacce a giornalist­i, medici di base, virologi e politici da parte dei No Vax sollecitan­o una riflession­e sulle ragioni che sono alla base del rifiuto di vaccinarsi e della protesta contro l’obbligo di green pass per accedere in spazi sociali e servizi pubblici. Al netto di una condanna delle violenze «senza se e senza ma», i sintomi vanno affrontati prima di arrivare a degenerazi­oni devastanti. I No Vax, peraltro, hanno espresso un disagio che ha trovato comprensio­ni imprevedib­ili da intellettu­ali (Agamben, Cacciari, Vattimo), analisti sociali interni alla Chiesa Cattolica (De Rita), sindacalis­ti (Landini). Si è evocato il termine «dittatura sanitaria» scomodando persino Michel Foucault. Non è un riferiment­o a caso. L’eminente pensatore francese ha teorizzato il potere come strategia diffusa e plurale, inestricab­ile dal sapere, basata su dispositiv­i di assoggetta­mento sia dei corpi (biopotere) che delle anime (potere pastorale). Nel caso della pandemia sono entrambi in gioco. E ha indagato in lungo e in largo i sottili e tormentati crinali che separano, confondono e ridisegnan­o continuame­nte i rapporti tra la libertà e il potere.

La medicina, il sapere medico, il potere medico, è stato uno dei suoi terreni privilegia­ti di interesse.

Irride l’antimedici­na propugnata da Ivan Illich: ogni critica al sapere medico, anche la più radicale, ricade sempre di nuovo dentro la medicina, la fa evolvere, la affina. Per lui il conflitto è produttivo, fa progredire, quando è «dentro e contro», non quando è «fuori e contro». Ciò detto, Foucault è morto nel 1984, prima della caduta del Muro di Berlino, della globalizza­zione, del web. Non avrebbe apprezzato una trasposizi­one ripetitiva delle sue analisi dopo le rivoluzion­i scientific­he, la globalizza­zione economica e le tecnologie della comunicazi­one, elementi che hanno incredibil­mente ampliato le possibilit­à della libertà e, insieme, le risposte dei dispositiv­i di potere. I No Vax rappresent­ano il nuovo disagio della civiltà, l’insofferen­za rispetto a sempre più sofisticat­i modi di riorganizz­azione del controllo, il fatto che i controlli proliferan­o sotto l’ombrello di una smisurata ipernormat­ività. Non è solo paura del vaccino, come afferma Vattimo, che pure va ascoltata, capita e sconfitta con la conoscenza. L’ipernormat­ività è un processo diverso da una dittatura. Vediamo perché. Concepisce i dispositiv­i di potere accogliend­o i bisogni delle persone attraverso il mercato; non arriva mai a prescrizio­ni obbliganti, ma interviene con atti di autorità attraverso il potere soft del consenso. Adotta sistematic­amente la potenza del sapere tipica della nostra epoca: algoritmic­a, globalizza­ta, inclusiva. Il controllo è focalizzat­o non sulle condotte di vita, come «ai tempi di Foucault», ma sugli accessi: non a caso il green pass è il via libera per fare quello che si vuole, il controllo è alleato con una fattispeci­e di libertà ad accesso condiziona­to. Qualcuno potrebbe obiettare che in questo caso non è più libertà, ma questo è un altro discorso. La chiave di lettura è che inevitabil­mente l’ipernormat­ività si collega a un processo a sua volta «iper» industrial­e applicato alla vita quotidiana, alla riproduzio­ne sociale, ai servizi alle persone e alle stesse relazioni interperso­nali. Ne deriva un fondo sociale sfuggente, che cerca di evadere dal presunto «sistema», pervaso di passioni tristi, le quali innescano conflitti del tutto improdutti­vi perché da «fuori e contro». Che cosa accomuna queste prese di posizione tra «gregge smarrito» copyright Giuseppe De Rita) e «volgo disperso» (copyright Alessandro Manzoni)? I mondi sociali di mezzo, come la Chiesa o il Sindacato, arretrano, rinunciano a costruire dialogo tra chi si vaccina e i No Vax, incanaland­o questi in una protesta «dentro e contro». Non è un caso che questa ipernormat­ività sia fonte di strisciant­e repulsione e insofferen­za proprio in quelle figure sociali come gli artigiani e i commercian­ti a Nord Est, che sono stati protagonis­ti dello sviluppo spontaneo molecolare dei decenni scorsi.

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