PERCHÉ NON È LA DITTATURA DI FOUCAULT
Irecentissimi episodi di aggressione e di minacce a giornalisti, medici di base, virologi e politici da parte dei No Vax sollecitano una riflessione sulle ragioni che sono alla base del rifiuto di vaccinarsi e della protesta contro l’obbligo di green pass per accedere in spazi sociali e servizi pubblici. Al netto di una condanna delle violenze «senza se e senza ma», i sintomi vanno affrontati prima di arrivare a degenerazioni devastanti. I No Vax, peraltro, hanno espresso un disagio che ha trovato comprensioni imprevedibili da intellettuali (Agamben, Cacciari, Vattimo), analisti sociali interni alla Chiesa Cattolica (De Rita), sindacalisti (Landini). Si è evocato il termine «dittatura sanitaria» scomodando persino Michel Foucault. Non è un riferimento a caso. L’eminente pensatore francese ha teorizzato il potere come strategia diffusa e plurale, inestricabile dal sapere, basata su dispositivi di assoggettamento sia dei corpi (biopotere) che delle anime (potere pastorale). Nel caso della pandemia sono entrambi in gioco. E ha indagato in lungo e in largo i sottili e tormentati crinali che separano, confondono e ridisegnano continuamente i rapporti tra la libertà e il potere.
La medicina, il sapere medico, il potere medico, è stato uno dei suoi terreni privilegiati di interesse.
Irride l’antimedicina propugnata da Ivan Illich: ogni critica al sapere medico, anche la più radicale, ricade sempre di nuovo dentro la medicina, la fa evolvere, la affina. Per lui il conflitto è produttivo, fa progredire, quando è «dentro e contro», non quando è «fuori e contro». Ciò detto, Foucault è morto nel 1984, prima della caduta del Muro di Berlino, della globalizzazione, del web. Non avrebbe apprezzato una trasposizione ripetitiva delle sue analisi dopo le rivoluzioni scientifiche, la globalizzazione economica e le tecnologie della comunicazione, elementi che hanno incredibilmente ampliato le possibilità della libertà e, insieme, le risposte dei dispositivi di potere. I No Vax rappresentano il nuovo disagio della civiltà, l’insofferenza rispetto a sempre più sofisticati modi di riorganizzazione del controllo, il fatto che i controlli proliferano sotto l’ombrello di una smisurata ipernormatività. Non è solo paura del vaccino, come afferma Vattimo, che pure va ascoltata, capita e sconfitta con la conoscenza. L’ipernormatività è un processo diverso da una dittatura. Vediamo perché. Concepisce i dispositivi di potere accogliendo i bisogni delle persone attraverso il mercato; non arriva mai a prescrizioni obbliganti, ma interviene con atti di autorità attraverso il potere soft del consenso. Adotta sistematicamente la potenza del sapere tipica della nostra epoca: algoritmica, globalizzata, inclusiva. Il controllo è focalizzato non sulle condotte di vita, come «ai tempi di Foucault», ma sugli accessi: non a caso il green pass è il via libera per fare quello che si vuole, il controllo è alleato con una fattispecie di libertà ad accesso condizionato. Qualcuno potrebbe obiettare che in questo caso non è più libertà, ma questo è un altro discorso. La chiave di lettura è che inevitabilmente l’ipernormatività si collega a un processo a sua volta «iper» industriale applicato alla vita quotidiana, alla riproduzione sociale, ai servizi alle persone e alle stesse relazioni interpersonali. Ne deriva un fondo sociale sfuggente, che cerca di evadere dal presunto «sistema», pervaso di passioni tristi, le quali innescano conflitti del tutto improduttivi perché da «fuori e contro». Che cosa accomuna queste prese di posizione tra «gregge smarrito» copyright Giuseppe De Rita) e «volgo disperso» (copyright Alessandro Manzoni)? I mondi sociali di mezzo, come la Chiesa o il Sindacato, arretrano, rinunciano a costruire dialogo tra chi si vaccina e i No Vax, incanalando questi in una protesta «dentro e contro». Non è un caso che questa ipernormatività sia fonte di strisciante repulsione e insofferenza proprio in quelle figure sociali come gli artigiani e i commercianti a Nord Est, che sono stati protagonisti dello sviluppo spontaneo molecolare dei decenni scorsi.