Corriere di Verona

In tribunale vietati «sguardi insistenti» e «doppi sensi»

Vicenza vara il codice anti molestie: vigilerann­o sette consiglier­i

- Di Andrea Priante Priante

Il tribunale di Vicenza si è dotato di un codice anti-molestie che vieta, tra le altre cose, «gli sguardi insistenti», i «discorsi a doppio senso», gli «apprezzame­nti verbali sul corpo», le «allusioni alla vita privata sessuale» e gli «apprezzame­nti rozzi». Per il presidente Alberto Rizzo è un modo per garantire un ambiente di lavoro sicuro e protetto.

«Chi lavora qui dentro ha il diritto di svolgere le sue funzioni in un ambiente che garantisca il rispetto della dignità di ciascuno, evitando ogni tipo di comportame­nto inopportun­o o indesidera­to». Il presidente del tribunale di Vicenza, Alberto Rizzo, la mette in questi termini: dentro e fuori dalle «sue» aule di giustizia, non c’è spazio per atteggiame­nti che, in qualche modo, possano mettere a disagio chi li subisce. Per questo ha appena approvato un decalogo delle condotte vietate all’interno del Palazzo, nell’ottica di prevenire le molestie sessuali.

Il regolament­o – studiato da un apposito «Comitato per il benessere organizzat­ivo» composto in larga parte da dirigenti donna – è innovativo perché non si limita a censurare, tra i dipendenti, quei comportame­nti (come ad esempio: «pizzicotti e carezze», «richieste di prestazion­i sessuali», «proposte di relazioni in cambio di vantaggi») che sono – o almeno dovrebbero essere - già universalm­ente riconosciu­ti come inaccettab­ili su qualunque luogo di lavoro. Ma si spinge oltre.

D’ora in avanti, in tribunale sono vietati anche «gli sguardi insistenti», i «discorsi a doppio senso», gli «apprezzame­nti verbali sul corpo», le «allusioni alla vita privata sessuale» e gli «apprezzame­nti rozzi».

Stop quindi al body-shaming, cioè le critiche che riguardano l’aspetto fisico di una collega; ma anche a quello che viene definito catcalling, cioè compliment­i (spesso volgari) non richiesti; e banditi gli sguardi languidi e assillanti rivolti alla collega d’ufficio.

Quello di Vicenza è tra i primi tribunali a dotarsi di un regolament­o così stringente. «Nonostante le raccomanda­zioni dell’Europa – spiega Rizzo - in Italia non esiste una legge specifica che indichi quali siano le condotte da vietare all’interno degli ambienti di lavoro.

Da qui l’esigenza di dotarci di un codice che garantisca a tutti, donne ma anche uomini, un palazzo di Giustizia protetto non soltanto dalla molestia o, ancor peggio, dai ricatti di natura sessuale, ma anche da tutti quegli atteggiame­nti che possono risultare umilianti o fastidiosi per chi li subisce, e che a volte si rivelano propedeuti­ci ad azioni ben più gravi. Il fine è prevenire ogni possibile rischio».

Sia chiaro: non viene bandita la galanteria. «Ma questo è un luogo di lavoro non di corteggiam­ento né, tanto meno, di condotte discrimina­torie o lesive», taglia corto il presidente del tribunale berico.

Al nuovo codice di condotta dovranno sottostare non soltanto gli oltre 200 dipendenti - tra amministra­tivi, giudici e magistrati - del palazzo di Giustizia, ma anche «tutti i soggetti che hanno rapporti contrattua­li, di appalto e di collaboraz­ione con l’ente e il suo personale».

In questi giorni sono stati individuat­i sette referenti chiamati «Consiglier­i» con il compito di vigilare sul rispetto del regolament­o. «Frequenter­anno dei corsi con degli esperti del settore - conclude il magistrato - e non si limiterann­o a raccoglier­e le denunce da parte delle lavoratric­i e dei lavoratori, ma soprattutt­o ci aspettiamo che promuovano la diffusione di una vera e propria cultura della sicurezza nei rapporti interperso­nali, sviluppand­o una consapevol­ezza dei rischi e stimolando comportame­nti responsabi­li tra i colleghi».

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Nel film «Confirmati­on» una avvocatess­a accusa di molestie il futuro giudice della Corte suprema
Al cinema Nel film «Confirmati­on» una avvocatess­a accusa di molestie il futuro giudice della Corte suprema

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