Ultrà pluridaspato: l’aggressore di Nonis
Pestaggio dopo Hellas-Inter, denunciato 44 enne. Il cuoco: «Non chiamatelo tifoso»
È M. A, veronese di 44 anni, l’ultrà dell’Hellas denunciato dalla Digos per l’aggressione e il pestaggio ai danni di Fabrizio Nonis - il noto «Bekèr» televisivo - e di suo figlio Simone, presi a pugni e calci la sera di venerdì 27 agosto in via Sansovino, dopo aver assistito alla partita Verona-Inter. Il 44enne è stato identificato dagli agenti della squadra tifoserie sulla base della descrizione fatta da Nonis. Ha precedenti specifici e ha già «scontato» due Daspo.
Sette giorni. Che avrebbero potuti essere anche meno, se non ci fosse stato il «tecnicismo» di quella querela di parte, messa nero su bianco negli uffici della Digos mercoledì mattina da Fabrizio Nonis e da suo figlio Simone. Il tempo di formalizzarla, avvisare il magistrato e ad M. A. - veronese di 44 anni - è arrivata la notifica di una denuncia per lesioni personali. Ha chiuso il cerchio che aveva già stretto poco dopo l’aggressione, la squadra tifoserie della Digos scaligera. Quella, iniziata con delle minacce davanti a un pub di via Sansovino dopo la partita Hellas-Inter d la sera i venerdì 27 agosto. E finita, con un vero e proprio pestaggio, qualche centinaio di metri dopo. Pugni e calci che hanno procurato a Fabrizio Nonis - il «Bekèr» della tivvù, volto noto di programmi culinari sulla Rai e Gambero Rosso - la perforazione del timpano dell’orecchio destro e una microfrattura allo zigomo. E al figlio Simone una serie di ecchimosi e traumi. A Verona ci erano venuti per vedere quell’Inter «per cui simpatizziamo - ha raccontato Nonis -. E all’uscita dal Bentegodi ci siamo diretti alla nostra auto, senza addosso nessun simbolo o colore che potesse far riferimento alla squadra». Poco importava, stando alla ricostruzione della polizia, a M.A. Che prima ha attaccato briga chiedendo a padre e figlio per chi tifassero. E alla risposta «Udinese» ha scatenato la sua furia. Quella che è ben nota alla squadra tifoserie della Digos che ci ha messo poco, dopo la descrizione dettagliata fatta da Nonis, a capire di chi si trattasse. Quella furia per cui il 44enne veronese «vanta» un curriculum criminale sempre legato alla sfera calcistica con «una propensione alla commissione di reati contro la persona commessi per motivi futilissimi», lo ha schedato la questura, definendolo un «noto ultrà veronese più volte denunciato e daspato per reati commessi in occasione di manifestazioni sportive. In particolare in passato, si è già evidenziato per discriminazione razziale commessa in ambito sportivo (che gli è costata, oltre alla denuncia, un Daspo della durata di 1un anno) e per inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità e radunata sediziosa commesse sempre in occasione di competizioni calcistiche, costategli 5 anni di interdizione dagli stadi».
Daspo, vale a dire il divieto di assistere alle manifestazioni sportive, che M. A. ha incassato la prima volta nel 2012, quando a Livorno venne denunciato con altri appartenenti alla Curva Sud per aver fatto il saluto nazista. Da quel reato fu assolto. Ma il Daspo non ha bisogno di una «certificazione penale». Tanto che, dopo aver «espiato» il primo per il 44enne , nel 2015, è arrivato anche il secondo. Cinque anni senza stadio e partite di alcun tipo dal vivo per essere stato nel gruppo che a Frosinone «ingaggiò» con la tifoseria locale. Anche in quel caso la denuncia cadde. Ma non il divieto di assistere alle manifestazioni sportive. Interdizione che aveva scontato, tanto che venerdì era andato in curva al Bentegodi a vedere Hellas-Inter, prima di aggredire Nones e il figlio.
Il sindaco Federico Sboarina ha espresso «grande soddisfazione per la velocità e la professionalità con cui la questura e la Digos hanno condotto le indagini. L’individuazione del responsabile dell’atto vile e delinquenziale contro Fabrizio Nonis rende giustizia all’immagine della nostra città, che è accogliente; conferma che si tratta di un’azione singola, mentre la stragrande maggioranza dei tifosi è ben lontana dalla violenza. La nostra città dimostra in molti modi la sua serietà e non può essere l’atto criminale di un singolo a rappresentare la comunità». Intanto «il questore Ivana Petricca - fa sapere la polizia - adotterà tutti i provvedimenti finalizzati ad evitare che M. A. commetta altri reati in occasione di eventi analoghi». Tradotto: per lui è pronto un altro Daspo. Il terzo. Quello che potrebbe essere fatale alla sua carriera di «ultrà in presenza» in tutti gli stadi d’Italia.
Il sindaco Sboarina: «È stata una violenza gratuita e inaccettabile, prontamente perseguita»