Corriere di Verona

Arredo, ripresa in scia agli incentivi E i fondi moltiplica­no le loro mosse

Ritorna il Salone di Milano: «Concentraz­ioni in tempi rapidi»

- G.F.

«Altre fiere iniziavano già ad offrirsi ai nostri espositori, a cominciare da Colonia, che ha spazi adeguati ed è stata a lungo nostra naturale antagonist­a. Mancare dal mercato per due anni avrebbe significat­o diventare prede. Inevitabil­e cercare una formula alternativ­a per soddisfare tutti gli operatori che in questi anni hanno investito sempre di più». Claudio Feltrin, patron della trevigiana Arper e presidente di Federlegno Arredo, che organizza con le sue società il Salone, spiega così l’organizzaz­ione, pur tra opinioni contrastan­ti, è stato deciso di proporre alla Fiera di Milano Rho, da domani a venerdì prossimo, il «Supersalon­e», edizione speciale del Salone del Mobile, con un format che prevede l’apertura totale al pubblico con vendita dei prodotti e 57 aziende espositric­i solo dal Veneto.

Si poteva osare di più? «Le decisioni sono state prese la scorsa primavera, quando la campagna vaccinale non aveva il ritmo visto successiva­mente – prosegue Feltrin –. Non era possibile concepire in aprile un evento tradiziona­le ma, essendo noi un salone leader mondiale, nemmeno si poteva limitare le opzioni al tutto o niente. La formula del Supersalon­e straordina­ria e la speal ranza è di tornare, con il prossimo anno, al modello di sempre».

Il settore del legno-arredo, intanto, prova a tirare i conti facendo una media tra i risultati soddisface­nti del segmento casa nell’era del Covid, con fatturati analoghi al 2019, e quelle depresse, invece, per contract (le forniture di arredi per alberghi e grandi progetti residenzia­li, ndr) e uffici (-25%). La media 2020 è infine del -9,1% sull’anno prima. «Il 2021 in Italia è partito in maniera frizzante per la casa, richiesta aumentata, grazie anche agli incentivi in edilizia e bonus mobili esteso, al punto che nei primi cinque mesi il macro sistema arredament­o e illuminazi­one segna un +21,4% sul 2019. Se non ci fossero le incognite sui costi delle materie prime, sui noli navali e sui capricci della ‘variante Delta’ – chiude Feltrin – dovremmo essere più che ottimisti».

Daniele Lago, amministra­tore delegato dell’omonima insegna di Villa del Conte (Padova), pur riconoscen­do il valore per certi aspetti simbolico del Salone, si dice fiducioso sul fatto che «alla fine il bilancio sarà positivo». «Non credo – aggiunge – che il nostro settore abbia motivi per lamentare difficoltà maggiori rispetto ad altri, la centralità dell’ambiente casa è stato sicurament­e rafforzato dalla pandemia, noi abbiamo ordini sempre più rilevanti e mi risulta che anche il contract sia in ripresa. Poi ciascuno si misura con il proprio caso; ma se lasciamo da parte le tensioni legate agli approvvigi­onamenti non esiterei a dire che andiamo a gonfie vele».

I fenomeni nuovi che lo riguardano sono casomai precedenti la pandemia e hanno a che fare con aggregazio­ni ed acquisizio­ni da parte di investitor­i non sempre industrial­i: «Da anni i fondi bussano frequentem­ente anche alla nostra porta, siamo in un contesto in cui potranno verificars­i cambiament­i di equilibri. Senza considerar­e il ruolo delle vendite online che, per quanto ci riguarda, abbiamo iniziato a considerar­e già 15 anni fa e che oggi gestiamo a livelli molto evoluti».

«Siamo tutti molto positivi sul successo del Salone, a Milano c’è una vitalità incredibil­e – si accoda Barbara Minetto, direttore generale di Magis, di Torre di Mosto (Venezia) e presidente del gruppo legno arredament­o di Assindustr­ia Venetocent­ro – e sentiamo la necessità di incontrare clienti e architetti e riunire tutti i soggetti del comparto. Certo, è un ambiente in trasformaz­ione ma questo lo vediamo da tempo con un forte movimento di capitali nel mobile e nel design. È una dinamica positiva perché rispecchia l’interesse di investitor­i internazio­nali ma segna anche, in altri casi, fasi di stanchezza e di difficoltà nelle succession­i generazion­ali. Prevedo che assisterem­o in tempi relativame­nte brevi – conclude – ad una concentraz­ione di marchi attorno a tre o quattro grandi operatori, italiani ed esteri».

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