Processo Veneto Banca, tagliati 30 testi Tappe forzate contro la prescrizione
Saltano Visco, Renzi e Schiavon. A ottobre 15 deposizioni a udienza per chiudere entro novembre
Non sarà possibile ascoltare le parole di Giovanni Schiavon, ex presidente del Tribunale di Treviso ed ex vicepresidente di Veneto Banca, né quelle di Matteo Renzi, che più di tutti volle la trasformazione delle banche popolari in spa. E, soprattutto, salta la deposizione di Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia. Il collegio dei giudici chiamati a pronunciarsi sulla colpevolezza o meno di Vincenzo Consoli, ex amministratore delegato dell’istituto di Montebelluna, accusato di aggiotaggio, falso in prospetto e ostacolo alla vigilanza nel primo processo sul crac di Veneto Banca, ha sfoltito la lista delle persone chiamate testimoniare dal difensore di Consoli, l’avvocato Ermenegildo Costabile.
La decisione è arrivata ieri al termine dell’udienza che ha visto sfilare, oltre a Emanuele Gatti, capo ispettore di Banca d’Italia, quattro dirigenti di primo piano della Banca centrale europea per i quali le autorità bancarie di Bruxelles avevano invocato l’immunità per gli atti compiuti in veste ufficiale, ricordando come fossero peraltro soggetti al segreto professionale. A Pierluigi Conti, dirigente addetto alla vigilanza sulle grandi banche, Katia Mastrodomenico, supervisor e coordinatrice del gruppo di vigilanza, Stefano Silvestri, che lavorava nell’ufficio della Mastrodomenico e Paolo Corradino, vice direttore generale di un delle direziostessa ni che seguiva la vigilanza, è stato concessa la facoltà di essere ascoltati con alcuni limiti, tra cui quello di non riferire le modalità con cui erano avvenute le visite ispettive.
In una vera e propria lotta contro il tempo il presidente del collegio giudicante, Umberto Donà, punta insomma a chiudere la fase dibattimentale entro il 29 di novembre; e così è stato deciso che delle 27 deposizioni di azionisti di Veneto Banca che avrebbero dovuto rispondere delle operazioni «baciate», cioè l’acquisto di azioni finanziate dalla banca, ne vangano sentiti soltanto otto. Così come ha autorizzato l’audizione di soli venti tra direttori, funzionari e semplici dipendenti della banca. Saranno inoltre «cassate» tutte le testimonianze ritenute superflue, come quella appunto del governatore Visco e di Schiavon. L’ex vice presidente, che ha una posizione molto scettica sul procedimenti a carico di Vincenzo Consoli, avrebbe dovuto riferire in merito alle facoltà deliberative del consiglio di amministrazione e sui rapporti intercorsi con Luca Terrinoni, il consulente della Procura di Roma prima e poi di quella di Treviso, uno dei «grandi» accusatori dell’ex numero uno del istituto di credito.
Fatti due conti, su oltre duecento testi della difesa ne restano quindi, al netto dei cinquanta già eliminati precedentemente dalla lista, poco meno di un centinaio. Il tribunale ha inoltre disposto che dall’11 ottobre vengano convocate in aula 15 persone al colpo; ma è quantomeno dubbio che la marcia a tappe forzate del processo possa venir rispettata. Per di più il reato di aggiotaggio andrà in prescrizione il 26 ottobre e il falso in prospetto entro Natale; ciò significa che i risparmiatori costituitisi come parti civili - circa tremila - difficilmente potranno avere soddisfazione arrivando alla fine del primo grado. Mentre Consob e Banca d’Italia potranno continuare a puntare ai risarcimenti per quanto riguarda l’ostacolo alla vigilanza, che non si prescrive entro l’anno, ovviamente se Consoli venisse riconosciuto colpevole.
Nell’udienza di ieri la deposizione più interessante è stata quella di Paolo Corradino. A capo di una delle divisioni che svolse l’ispezione Bce nel 2014, ha spiegato che quando le autorità bancarie europee subentrarono nei poteri di vigilanza a quelle nazionali, le maglie dei controlli si fecero più strette. Fu così che Veneto Banca, immersa nella crisi recessiva che attanagliava il sistema delle imprese, si trovò ad avere a che fare con «posizioni creditizie che si erano decisamente deteriorate». «Il ricalcolo - ha siegato Corradino - portò ad una svalutazione degli attivi pari a 714 milioni di euro. La banca accettò ogni nostra osservazione e sistemò lo shortfall (il capitale mancante, ndr), procedendo anche all’aumento di capitale del 2014. Sul quale, per quanto riguarda la vendita di azioni, il valore delle operazioni ‘baciate’ si attestò soltanto a 22 milioni di euro».