Assaeroporti, Roma e Save-Catullo escono in polemica con la linea F2i
Rottura sulla presidenza. In un’alleanza di fatto Marchi-Benetton
Save (e Catullo) con Aeroporti di Roma escono da Assaeroporti. La clamorosa rottura nell’associazione degli scali italiani, associata a Confindustria, s’è consumata ieri, con l’annuncio in parallelo delle due società che gestiscono i quattro scali del polo a Nordest (Venezia, Treviso, Verona e Brescia) e i due di Roma del recesso, che scatterà dal 1. gennaio 2022, dopo mesi di Aventino, che avevano portato le due società già a giugno a riunirsi in una nuova associazione, Aeroporti 2030.
Uscita in parallelo e con toni molto simili. Da un lato Adr che comunicava l’uscita, «constatata già da mesi l’impossibilità in questo momento di portare avanti un dialogo proficuo su temi centrali come la sostenibilità, l’intermodalità e l’innovazione digitale», sostenendo di non voler però uscire da Confindustria e spiegando il passo come «un passaggio necessario per sbloccare, con presupposti diversi e necessariamente improntati su mutuo riconoscimento e trasparenza, un dialogo che appariva ormai paralizzato. Mentre Save e Catullo, in una nota emessa subito dopo, sostenevano di vedere come necessario «un cambio di passo» a partire da «transizione ecologica, decarbonizzazione, digitalizzazione».
Il passo di ieri ha portato alle estreme conseguenze lo scontro che aveva condotto a giugno alla nomina del nuovo presidente di Assaeroporti, dopo Fabrizio Palenzona, espresso dallo schieramento Benetton-Atlantia, identificato in Carlo Borgomeo, presidente della Gesac di Napoli. Società controllata dal fondo F2i, che è anche azionista di peso della Sea di Milano, e controlla altri aeroporti, da Trieste a Olbia. Scelta non condivisa da Adr e e Save-Catullo, che valgono insieme il 40% del traffico italiano, e che, dopo un direttivo dell’associazione finito 8 a 7 a favore di Borgomeo, si erano astenuti nell’assemblea che il 25 giugno lo aveva eletto. In una dura linea di contestazione contro nomine suonate in chiave di una F2i-pigliatutto.
Ora la rottura, che rinsalda un’inedita alleanza tra Roma, controllata dai Benetton attraverso Atlantia, e la Save a guida Enrico Marchi. In scontro frontale in passato: Atlantia aveva tentato l’ingresso in Save nel 2016, acquisendo il 21% del fondo Amber, nel momento più difficile del divorzio tra Marchi e De Vido; e Marchi, negli accordi del 2017 con i fondi Infravia e Infrahub con cui aveva blindato Save, aveva fatto inserire Atlantia tra i gestori a cui non si sarebbe potuto vendere. Acqua passata, a giudicare dagli sviluppi, che vedono ora i due gestori nella stessa trincea.