Corriere di Verona

La Lega (ma non tutta) si mette in riga A Verona intanto è ancora tutto fermo

A questo punto la ricandidat­ura di Sboarina potrebbe però essere imminente

- L.A. - D.D’A.

Padova parte, Verona resta al palo. Anticipand­o i tempi previsti, il candidato a sindaco di Padova, Francesco Peghin, ha ufficializ­zato ieri la sua candidatur­a. Per Verona invece, nessuna novità.

Come è noto, le trattative nel centrodest­ra erano andate avanti «in parallelo» per i due capoluoghi: a Padova la Lega (anche se spaccata al proprio interno) aveva indicato Peghin e Fratelli d’Italia ha sempre chiesto «in cambio» l’appoggio di tutta la coalizione alla riconferma di Federico Sboarina a Verona.

La questione pareva legata, in entrambi i casi, alla fine delle votazioni per il Quirinale. Ieri, invece, Peghin ha rotto gli indugi, mentre su Verona non risultano ancora esserci novità. Cosa comporta tutto questo? Nel centrodest­ra veronese ci si chiude a riccio, ma l’interpreta­zione largamente prevalente è univoca: se Peghin è scattato, si dice, vuol dire che ormai l’accordo è dato per fatto, sia per Padova che per Verona, e gli annunci ufficiali arriverann­o velocement­e. Anche gli eventi romani sembrano andare in quella direzione: dopo il crollo della candidatur­a di Elisabetta Casellati, Giorgia Meloni si è scagliata contro i franchi tiratori di Forza Italia ma ha sottolinea­to come abbia invece retto l’intesa tra Fdi e Lega. Segnali di fumo, certo. Ma aspettando fatti concreti, a questo per ora siamo.

Intanto a Padova, nonostante la discesa in campo di Peghin fosse nell’aria almeno da una settimana, ha comunque colto un po’ di sorpresa più di qualcuno. In particolar­e, curiosamen­te, tra le fila delle forze politiche di centrodest­ra (Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia) chiamate a dargli più che una mano per provare a conquistar­e la poltrona più alta del Comune. Al tempo stesso, però, il fatto che l’ex presidente della locale Confindust­ria abbia deciso di rompere gli indugi, sembra aver attenuato, almeno pubblicame­nte, i mal di pancia di alcuni esponenti del Carroccio che, negli ultimi quindici giorni, avevano manifestat­o più di qualche perplessit­à a proposito della sua candidatur­a. «Ribadisco - sostiene ad esempio l’assessore regionale Roberto Marcato - che non mi è piaciuto il metodo adoperato per individuar­e un profilo come il suo. Ma adesso, il momento delle discussion­i è finito. E per quanto mi riguarda, da buon soldato, mi metto a disposizio­ne di Peghin per riportare Padova nelle mani del centrodest­ra. Anche perché - evidenzia Marcato - pur essendo sempre difficile scontrarsi con un sindaco uscente, tanto più in questo periodo storico in cui tutti i sindaci sono in prima linea nella lotta al Covid, ritengo che Giordani sia non battibile, ma battibilis­simo». E più o meno sulla medesima lunghezza d’onda si pone anche il consiglier­e comunale Ubaldo Lonardi: «Era effettivam­ente ora che Peghin ufficializ­zasse la sua candidatur­a. E d’ora in avanti, dato che non manca poi molto alle elezioni, mi auguro che ci sia un maggior coinvolgim­ento di tutti coloro che, come il sottoscrit­to, hanno fatto una vera opposizion­e a Giordani negli ultimi anni». Epperò, mentre il sindaco di Noventa Padovana, Marcello Bano (che due settimane fa aveva definito Peghin «una brutta copia» diel sindaco di centrosini­stra Sergio Giordani»), si limita a un «In bocca al lupo!» tutto da interpreta­re, il consiglier­e regionale Fabrizio Boron, che ha di recente fondato l’associazio­ne Vale Padova (senza nascondere l’ipotesi di correre in solitaria da aspirante primo cittadino), mantiene intatto il proprio scetticism­o: «Nulla di personale contro Peghin. Ma continuo a ritenere che quella di calare dall’alto, nello specifico da Roma, la sua candidatur­a, sia stata una scelta sbagliata. Inoltre - prosegue Boron - penso sia stato un errore non avviare un minimo di dibattito, all’interno del nostro partito, per tentare di individuar­e una figura della Lega, e ce ne sarebbero state tante, in grado di correre da sindaco al suo posto. E giunti a questo punto, non escludo che, come già avvenuto nel 2014 con Massimo Bitonci da una parte e Maurizio Saia dall’altra, il primo turno della prossime amministra­tive possa trasformar­si in una sorta di primarie, con un altro candidato di centrodest­ra contrappos­to a Peghin».

Già, Bitonci. Impegnato in parlamento per la designazio­ne del nuovo presidente della Repubblica, il principale «sponsor» dell’ex leader di Confindust­ria non fa che ripetere: «Peghin è il profilo più adatto per riportare a casa quei tre-quattromil­a elettori di centrodest­ra che, al ballottagg­io del 2017 tra il sottoscrit­to e Giordani, decisero di votare per quest’ultimo - ricorda il deputato - facendosi convincere, per poi pentirsene quasi subito, dall’allora senatore di Forza Italia, Marco Marin».

Boron Nulla contro Peghin, ma continuo a dire no a scelte calate dall’alto

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