Corriere di Verona

Autonomia addio ai Lep per la spesa storica

La Lombardia si riallinea a Veneto ed Emilia. E la Bicamerale chiude il dossier

- Di Martina Zambon

Sono stati per quattro anni un’araba fenice e ora, pare di capire, torneranno in soffitta. Parliamo dei Lep e dell’autonomia che, in questi giorni sta facendo nuovi passi in avanti. La Bicamerale sta chiudendo il dossier e il trio lombado-veneto-emiliano si ricompatta.

Per quattro anni abbondanti il ritornello è stato lo stesso: «per l’autonomia differenzi­ata conditio sine qua non è il superament­o della spesa storica con l’introduzio­ne dei Lep, i livelli essenziali di prestazion­e». Bene, per superare lo stallo, invece, la musica è cambiata. Chi ha frequentat­o, in questi ultimi mesi, i corridoi di via della Stamperia, sede del ministero per gli Affari regionali guidati da Maria Stella Gelmini, sa che fra ministeri e Sose (Soluzioni per il Sistema Economico, azionisti Mef e Bankitalia) è il segreto di Pulcinella: i Lep, almeno per ora, tornano in soffitta. Questa rivoluzion­e copernican­a che ha base costituzio­nale (e proprio per questo è solo rimandata anche se «a data da destinarsi») prevedereb­be un esborso da parte dello Stato verso le regioni del Sud, già beneficiar­ie di quel 40% di quote blindate nei bandi Pnrr, e al momento non è ipotizzabi­le. Nella fase transitori­a la base fiscale per l’attribuzio­ne di materie da gestire su suolo regionale sarà proprio la spesa storica. Che ci guadagnerà allora il Veneto? Il margine risparmiat­o grazie alla virtuosità reclamata a ogni piè sospinto.

Si è un pezzo oltre alle chiacchier­e perché i pianeti si stanno allineando. Da un lato c’è il ministro Gelmini che ne sta facendo un punto d’onore: il terzo ministro di fila che non trova la quadra sarebbe oltre il ridicolo. Così l’azzurra ha iniziato a lavorarci fin da subito pungolando anche quella Bicamerale per gli Affari regionali alle prese, da tre anni a questa parte, con un’indagine conoscitiv­a sulla materia. Bene, la bozza definitiva è pronta e sarebbe questione di settimane per poterla dare in dote al ministro già virtualmen­te pronto sulla soglia di Palazzo Chigi con la legge quadro voluta dal suo predecesso­re Francesco Boccia. Un dossier di 62 pagine in cui c’è di tutto, incluso il no del ministro all’attribuzio­ne di tutte e 23 le materie previste «poiché le Regioni richiedent­i, a fine procedura, diventereb­bero in realtà speciali».

La Legge quadro a Nordest viene considerat­a una scatola vuota ma se l‘approvazio­ne del Consiglio dei ministri servirà a fare un passetto in avanti, ben venga. E, a proposito di passi in avanti. Paiono domate le intemperan­ze del governator­e lombardo Attilio Fontana che la legge quadro non la voleva affatto. Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna si sono ricompatta­te per fare massa critica.

La linea è stata ribadita anche nel corso di una riunione in via della Stamperia l’altro ieri con i funzionari delle tre Regioni e quello del ministero, ufficiale di collegamen­to con Gelmini. Il sunto di quest’ultimo incontro è semplice: le Regioni hanno detto «i compiti a casa li abbiamo fatti, adesso tocca allo Stato e, dato che lo Stato, vuole la legge quadro, la approvi». In modo da poter proseguire con un confronto sul piano tecnico che Gelmini ha già avviato in parallelo per arrivare alle tre distinte intese. Primo frutto di questo confronto tecnico è la scelta di utilizzare come base le materie individuat­e da quella pre intesa del 2018 col governo Gentiloni. Un atto ancora valido che parlava di lavoro, istruzione, salute, ambiente e rapporti internazio­nali con la Ue. Tolte dall’equazione salute e istruzione, già escluse nei mesi scorsi, il bottino appare magro. Ma di fronte all’immobilism­o bizantino degli ultimi 4 anni, la linea dei governator­i è portare a casa una base su cui continuare a costruire, materia dopo materia. Dall’equazione, infine, pare essere scomparso anche il fondo perequativ­o. Un passo alla volta, si diceva.

«È una battaglia che ho sempre portato avanti. Io ho inventato il referendum sull’autonomia che sta diventando patrimonio comune. - dice Luca Zaia - Ne sono felice, un tempo parlare di federalism­o era da delinquent­i ora è un argomento da salotti. È innegabile che di strada se n’è fatta molta anche se con un lavoro silente. Se saranno rispettati gli accordi fra gentiluomi­ni, per ora verbali, si arriverà a una firma. In questa fase è stato scritto il preliminar­e, ora vedremo dal notaio se il testo è identico a quello concordato».

Zaia/1

Preliminar­e firmato, diciamo che ora si va al vedo col testo che arriva al notaio

Zaia/2

Innegabilm­ente, in questi anni, di strada se n’è fatta tanta

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