Prosecco contro Prosek ora Zaia chiede i danni
VERONA Sulla vicenda ProseccoProsek bisogna cambiare strategia e passare dalla difesa all’attacco. Il governatore del Veneto è sicuro: «Dobbiamo andare all’attacco contro la menzione speciale del Prosek chiedendo i danni. Rovesciamo la visione e facciamo togliere quel nome dalle etichette croate».
Il governatore: «Il nome è nostro, dobbiamo difendere il Prosecco da quella menzione speciale chiedendo i danni. Via quel nome ingannevole dalle etichette croate»
VERONA Sulla vicenda Prosecco-Prosek bisogna cambiare strategia e passare dalla difesa all’attacco. Il presidente del Veneto l’aveva già anticipato domenica a un incontro con l’europarlamentare ed ex ministro delle Politiche agricole Paolo De Castro. È tornato a ribadirlo anche ieri e ancora al Vinitaly, allo stand della Coldiretti, dove ha incontrato il presidente nazionale Ettore Prandini. Domenica De Castro aveva annunciato che presto sarà vinta la battaglia contro la Croazia per il vino che ricorda, nel nome ma non certo per i profumi e per i sapori, il nostro Prosecco. L’europarlamentare dem aveva annunciato la riforma a livello europeo delle Dop (Denominazione di origine protetta) e delle Igp (Indicazione geografica protetta), aggiungendo che «non è possibile che uno Stato membro dell’Unione europea utilizzi una menzione utilizzata da altri Stati. Il problema dell’Italian sounding (cioè di prodotti alimentari chiamati con un nome che ricorda il suono italiano, ndr) esiste solo per l’Italia perché il Made in Italy è fortissimo ed è di grandissima qualità».
Il presidente della Regione Veneto Zaia ha ricordato ieri nello spazio di Coldiretti che «Prosek è un nome nostro. Dobbiamo andare all’attacco contro la menzione speciale del Prosek chiedendo i danni. Rovesciamo la visione e facciamo togliere quel nome ingannevole dalle etichette croate».
Il governatore ha aggiunto che ci sono almeno tre motivi per cui il Veneto e l’Italia devono andare all’attacco sulla questione e non limitarsi a giocare in difesa. «Quando ero ministro delle Politiche agricole, nel 2009 firmai un decreto sulla riserva del nome Prosecco che è stato riconosciuto dall’Europa. E nel 2019 le Colline del Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene sono diventate patrimonio dell’umanità». Poi c’è un’ultima e più importante questione, nel XIV secolo, quando Trieste era territorio dell’impero Austria, quella che oggi è un quartiere periferico del capoluogo giuliano, Prosecco, era citato come «Proseck». Poco importa quindi che il Prosek sia un vino prodotto soprattutto in Dalmazia e si avvicini più a un passito che a un vino spumante. Quel nome va cambiato e l’Italia può chiedere i danni per l’utilizzo e la commercializzazione che la Croazia ne sta facendo.
È d’accordo il governatore del Friuli Venezia Giulia Massimiliano Fedriga. Il Friuli dovette rinunciare al suo vino più iconico, il Tocai, perché l’Ungheria dimostrò l’esistenza di una città che si chiama Tokaj. Dopo la sentenza della Corte di giustizia europea, quello ungherese si è continuato a chiamare Tokaji e quello italiano Friulano. «La battaglia di tutela del marchio non è a favore dei produttori ma dei consumatori — puntualizza Fedriga —. Se le istituzioni europee perdono credibilità nella trasparenza verso il consumatore rischiamo una discesa inesorabile per la tutela di tutta la produzione europea». Se la Croazia dovesse vincere, la Slovenia sarebbe già pronta a insidiare l’EmiliaRomagna con il Balsamic, che farebbe concorrenza all’aceto balsamico di Modena.