I filorussi veronesi scatenati sui social
Valdegamberi: «Meloni serva», Calì insulta Zelenski. E a Mosca citano Comencini
VERONA Rischiano di rivelarsi tre spine nel fianco dei rispettivi candidati sindaco, i «filo russi» veronesi. Se Sboarina e Tosi sono stati chiari sulla loro posizione per la guerra, al fianco dell’Ucraina, tre loro «alleati» sono granitici sul fronte pro-Putin. Sono il deputato leghista Vito Comencini, il consigliere regionale Stefano Valdegamberi che ha definito «serva» la presidente di FdI Giorgia Meloni e il regista Michele Calì che ha dato del «figlio di p...» a Zelensky.
VERONA Due sono i «soliti noti». Vale a dire quei politici veronesi, uno deputato della Lega e membro della commissione Esteri della Camera e l’altro consigliere regionale, i cui nomi danno bella mostra di sé nella «black list» degli «indesiderati» in Ucraina. Ma all’onorevole Vito Comencini e al consigliere Stefano Valdegamberi, questa volta si aggiunge anche un «outsider». Vale a dire il regista Michele Calì. Tre le cui posizioni filo Putin rischiano di far schizzare la lancetta del barometro alle prossime elezioni amministrative a Verona. E che, con le loro dichiarazioni sull’invasione in Ucraina, si stanno rivelando delle vere e proprie spine nel fianco delle coalizioni locali che dovrebbero sostenere. Comencini e Valdegamberi per quella che appoggia la ricandidatura del sindaco uscente Federico Sboarina, di Fratelli d’Italia. Calì in quella che corre per Flavio Tosi.
Le posizioni di Sboarina e Tosi sulla guerra sono note: entrambi, senza se e senza ma, schierati al fianco dell’Ucraina. Ma altrettanto non si può dire per le tre «spine». Granitiche nel loro sostegno alla Russia. A Comencini Valerio Valentini su Il Foglio dedica la prima puntata di una rubrica il cui titolo è un esplicativo «Gli utili idioti di Putin». È su Vkontakte, il «Facebook russo» che l’onorevole Vito Comencini assurge alla gloria dei filoputiniani. Il tutto grazie ai post di Vitali Mitolonv, deputato della Duma per il partito di Putin. Fondamentalista ortodosso e notoriamente omofobo, Mitolonov è «diventato referente», scrive Valentini, dell’associazione Veneto-Russia. Associazione che ha le sue radici piantate a Verona, dove ha sede. E di cui è presidente un altro fondamentalista, questa volta cattolico: Palmarino Zoccatelli. Su Vkontakte Mitolonov, a proposito di Comencini, ha scritto che nel suo viaggio in Russia a marzo «ha dichiarato di sostenere le ragioni del presidente russo nel condurre l’«operazione speciale» in Ucraina».
Il deputato leghista spiega che «qui la questione non è essere o meno filorussi. Il punto è essere a favore o contro della pace. Quando affermo determinate cose lo faccio con cognizione di causa: sono stato due volte nel Donbass, ho visto con i miei occhi le sofferenze provocate dalla guerra. Per questo affermo da giorni che occorre puntare tutto sul dialogo e la diplomazia». Molto meno «diplomatico» il suo sodale Stefano Valdegamberi che su Facebook, commentando un’intervista a Giorgia Meloni in
cui la presidente di Fratelli d’Italia ribadisce che la «libertà costa. I soldi sulla difesa li devi mettere», la liquida con un perentorio «altra serva», precisando che «sono contrario a credere che l’aumento delle spese militari porti alla pace. Meloni comunque ha seguito il mainstream unanime, nessuno escluso, da destra, centro e sinistra». Dando così della «fantesca» al capo politico del candidato a sindaco che lo stesso Valdegamberi patrocina.
Ma meglio non va sull’altra sponda. Vale a dire quella di Flavio Tosi, che solo pochi giorni fa ha incassato l’appoggio della lista «Prima Verona» di Michele Croce tra i cui candidati c’è anche il regista Michele Calì. Sul suo profilo Fb i post con insulti si sprecano: Zelensky viene definito «figlio di p...», il ministro degli Esteri Luigi di Maio «mer...». Draghi è «il figlio di Satana» e a lui viene riservato un post alquanto inquietante: «Domani Draghi è in Ucraina. Qualcuno può avvisare Putin?». Meglio non va al presidente americano Biden, alla presidente della commissione europea Ursula von der Leyen e di nuovo a Zelensky catalogati con un «questi tre bastardi faranno scoppiare un conflitto mondiale». E gli equilibri su cui si reggono le coalizioni per le prossime amministrative a Verona non sono mai stati così traballanti.