«L’autonomia in stallo, il Veneto chieda 7 materie»
Iniziativa del Pd: «Concentriamoci sulle competenze che servono»
VENEZIA Il Partito Democratico esorta a uno scatto di responsabilità sull’autonomia regionale differenziata: «Per uscire dallo stallo di questi 4 anni, il Veneto rinunci a rivendicare tutte e 23 le materie e concentri la sua richiesta al governo centrale sulle 7 competenze realmente necessarie allo sviluppo della regione».
VENEZIA «È meglio avere il 50% di qualcosa che il 100% di niente». Lo dicevano in Fast and Furious, film di culto tra adrenalina e velocità, e forse potrebbe valere anche per l’intricato cammino che porta alla conquista di un’autonomia differenziata regionale, vicenda nella quale di adrenalina se n’è vista parecchia (soprattutto qui in Veneto, all’epoca del referendum popolare), mentre la velocità, bisogna ammetterlo, lascia molto a desiderare: quattro anni abbondanti non sono bastati per vedere la meta.
Allo scopo di uscire dallo stallo, dunque, il Partito Democratico – che, in Veneto, sta all’opposizione del «padre dell’autonomia», Luca Zaia, ma a Roma governa insieme alla Lega nell’esecutivo Draghi – è giunto alla conclusione che sia necessario, come primo passo, correggere la rotta e abbassare le pretese. «In questi 4 anni – riassume il caso Andrea Martella, segretario regionale dei Dem - la narrazione nostrana si è concentrata sulla richiesta di 23 materie e sul cosiddetto residuo fiscale generato dal territorio. Questo approccio ha prodotto l’apertura di un dibattito sulle possibili disparità tra i diversi territori». Perciò, se davvero il Veneto vuole portare a casa un risultato (vedi la citazione da Fast and Furious), farebbe probabilmente meglio a concentrare la sua iniziativa autonomistica su alcune specifiche competenze, 7 anziché tutte e 23, secondo il modello adottato dalla vicina Emilia Romagna per la trattativa con il governo centrale. «Sono quelle competenze – specifica Ivo Rossi, già prosindaco di Padova e poi dirigente ministeriale del Dipartimento affari regionali – che caratterizzano le esigenze di crescita e rafforzamento della struttura produttiva del Veneto. Nell’ordine: politiche attive del lavoro; integrazione tra politiche attive e passive; organizzazione delle fondazioni ITS; realizzazione di un sistema integrato di istruzione professionale e di istruzione e formazione professionale; sostegno all’internazionalizzazione delle imprese; governo del territorio in chiave di rigenerazione urbana; prevenzione del rischio sismico».
Come si noterà, sono state accuratamente accantonate quelle materie - due per tutte: l’istruzione e il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario - che più delle altre hanno acceso lo scontro politico e le divisioni, più o meno giustificate, tra i diversi territori della nazione. Con un’aggiunta: «Passare da un centralismo statale a un centralismo regionale - mette in chiaro il deputato Roger De Menech - non è il nostro obiettivo».
Vista dal Pd, insomma, l’iniziativa del Veneto dovrebbe passare da un’ottica rivendicativa (sottinteso: quella di Zaia e della Lega) a un’ottica cooperativa. «Ed è opportuno - avverte il capogruppo in consiglio regionale, Giacomo Possamai - avviare finalmente una consultazione e un confronto con le forze economiche e sociali, le categorie produttive e i vari portatori di interessi, per migliorare il rapporto tra Regione, istituzioni locali e imprese, in vista dell’eventuale trasferimento di competenze». Eventuale, appunto: allo stato dell’arte, la specificazione è obbligatoria.