Morta a 27 anni il sospetto di un guasto del peacemaker
Quello che sembrava un malore di origine naturale potrebbe essere invece un tragico errore dovuto all’installazione, avvenuta qualche settimana fa, di un nuovo peacemaker che potrebbe non aver funzionato a dovere. È il dubbio su quale sta lavorando la procura di Treviso che ha aperto una inchiesta sulla morte di Michela Conte, la 29enne operatrice sanitaria presso l’ospedale di Conegliano deceduta domenica 27 marzo mentre si stava preparando per il suo turno.
Sul registro degli indagati, iscritto nel fascicolo aperto per l’ipotesi di reato di omicidio colposo, è finito il cardiologo (difeso dall’avvocato Dario Chiarenza) che ha predisposto e provveduto a collocare il dispositivo, che doveva sostituire un precedente modello di peacemaker che Michela aveva con sé fin dall’età di nove anni, quando le fu diagnosticata una malformazione cardiaca congenita. Ma qualche cosa è andato storto e l’apparecchiatura, che era stata impiantata per consentire di tenere sotto controllo le anomalie del battito sfruttando impulsi elettrici per far andare il cuore ad un ritmo normale, potrebbe aver smesso di funzionare.
Dopo che l’autorità giudiziaria ha bloccato il funerale fissato dalla famiglia (rappresentata dall’avvocato Silvia Biscaro) per il 2 aprile nella chiesa parrocchiale di Arcade, è stata svolta l’autopsia. Il medico patologo incaricato dalla procura, Antonello Cirnelli, non avrebbe riscontrato anomalie a livello macroscopico. Ora saranno quindi gli esami approfonditi cui saranno sottoposti i tessuti del muscolo cardiaco a dire perché Michela si sia sentita male. Nei prossimi giorni, inoltre, verrà condotto un controllo del peacemaker, per verificarne il corretto funzionamento.