CHE COSA MANCA A VENEZIA
Le cronache di questi giorni ci hanno partecipato la riapertura delle Procuratie Vecchie, la più antica delle tre ali che delimitano piazza San Marco a Venezia. Lo splendido restauro, che le Generali hanno affidato alla cura sapiente di David Chipperfield, e l’intelligente piano di utilizzo degli spazi restaurati, con la strada indicata dai primi due ospiti — le fondazioni The Human Safety Net e Venezia Capitale Mondiale della Sostenibilità — fanno intravvedere il respiro mondiale del fascino del luogo e delle attività culturali che animeranno questo gioiello del patrimonio storicoarchitettonico veneziano. Un progetto destinato a sicuro successo. Un risultato che garantisce la preservazione dell’«urbs», la città fisica, ma che certifica la metamorfosi della «civitas», la comunità. Perché sono tornate le Procuratie ma non sono tornate le Assicurazioni Generali. Traumatico il loro esodo nel 1983 da San Marco a Mogliano Veneto (dove comunque hanno cercato fino all’ultimo di mantenere un piede dentro i confini del comune di Venezia per continuare a fregiarsene del nome). Paradigmatico il «non-ritorno» di oggi. Nel 1983 le Generali lasciano un «centro storico» ricco di 90.000 residenti (il doppio di oggi) e di una forte concentrazione di servizi professionali, bancari, finanziari, direzionali. Oggi le Procuratie tornano in una Venezia storica, «quartiere produttivo» prevalentemente specializzato nella produzione di servizi turistici.
L’ex «centro storico» è andato progressivamente perdendo la complessità delle sue funzioni urbane centrali che oggi condivide con Mestre, Padova e Treviso. Se si ricordano le ragioni allora addotte per l’abbandono delle Procuratie da parte delle Generali e si constata la loro perdurante «non rimozione» ci si avvicina alle cause della metamorfosi che ha trasformato Venezia storica da città compiuta a solo parte — non centrale — di una più grande realtà metropolitana. Nel 1983 la contemporanea prevalenza dell’uso della documentazione cartacea e della difficoltà di infrastrutturare digitalmente gli uffici marciani, oltre che di ospitare a San Marco l’allora mastodontico centro elaborazione dati; la difficoltà di accesso al centro storico di collaboratori e clienti — per la peculiarità della mobilità acquea e pedonale di Venezia storica e per la frequenza delle acque alte nell’area marciana— erano, oltre alla vetustà delle Procuratie bisognose di restauri profondi, ragioni che rendevano difficile mantenere attività direzionali e di servizio a san Marco. Oggi alcune di quelle cause sono venute meno. La miniaturizzazione dei computer, la digitalizzazione dei documenti , lo smart working e le teleconferenze hanno sconvolto in positivo il lavoro d’ufficio. Restano tutte le difficoltà per i contatti faccia a faccia. Quelle relative alla difficile accessibilità al Centro storico, che solo il passaggio ad una mobilità metropolitana sublagunare avrebbe potuto allineare a quella delle grandi città europee, e la mancata difesa dalle acque alte di San Marco, per il ritardo nella realizzazione delle previste difese locali e per l’incapacità di liberare il Mose dai vincoli portuali, causa la promessa non mantenuta di dotare il porto di una struttura portuale di accesso permanente a prescindere dal Mose. Resta il fatto che, a differenza del teatro la Fenice, con le Procuratie non si è realizzato il «come era e dove era». L’Urbs si è vista restituire le Procuratie, la Civitas non ha riavuto le Generali; così come ha perso le altre molte attività direzionali e professionali costrette a seguirne l’esempio. Il rumore dei trolley tornato a risuonare a Venezia in questi giorni ci ricorda come siano le attività turistiche quelle che si sono felicemente annidate negli spazi lasciati liberi dalle funzioni urbane centrali.