L’agenzia: «Con quattromila euro diventi italiano». Condannati a 11 anni
VERONA «Vendevano» la cittadinanza, ovviamente falsa. «Con 4mila euro» potevi acquistare «l’intero pacchetto, all inclusive». Epicentro del rodato raggiro arrivato fino in Piemonte dov’è stato scoperto nel 2020, era un’insospettabile agenzia di pratiche con sede a Verona. A gestirla erano madre e figlio, di origini brasiliane ma da tempo residenti nel capoluogo scaligero: per loro, nelle scorse ore, il processo di primo grado si è chiuso con una condanna complessiva a 11 anni di reclusione. Nel dettaglio a Simona Frassini è stata inflitta la pena di sei anni, cinque invece quelli comminati al figlio Raphael Bussolo. Il caso venne alla luce a Crescentino (Vercelli), dove intercettazioni e microcamere documentarono passaggi di denaro a dipendenti pubblici per un giro d’affari di oltre 600mila euro, in cambio del rilascio di false cittadinanze. A insospettire gli inquirenti piemontesi, all’epoca, era stata la «stranamente» elevata percentuale di ottenimento della cittadinanza italiana «iure sanguinis» da parte di cittadini brasiliani, discendenti da emigrati italiani, che venivano a dimorare in Italia per il tempo strettamente necessario al completamento dell’iter. Al centro dell’attività illegale, risultò proprio l’agenzia d’affari con sede a Verona,che offriva pacchetti per l’ottenimento della cittadinanza, che comprendevano alloggio, ricerca della documentazione necessaria all’ottenimento della cittadinanza «iure sanguinis» nonché ogni forma di assistenza sul territorio italiano. A Crescentino, dove venne scoperta la mega truffa, i brasiliani venivano alloggiati in vari immobili tra cui uno di proprietà di un pubblico ufficiale, avente le funzioni dell’ufficio anagrafe e di ufficiale di stato civile nel piccolo comune. Era proprio lui a vagliare le richieste di residenza, in cambio di 700 euro mensili ricevuti dall’agenzia veronese. A fargli da spalla un altro dipendente comunale, presente in alcune foto sui profili social utilizzati dai titolari dell’agenzia d’affari. I due dipendenti pubblici sono stati condannati a 6 anni ciascuno.