«Hellas e Dea, il viaggio nel cuore Sarà una partita che fa divertire»
Doppio ex, centravanti di Verona e Atalanta, 26 anni al Chievo: da Sonetti e Bagnoli fino a Zapata e Barak
L’Atalanta e il Verona, le due patrie da giocatore di Marco Pacione: «Ho vissuto splendide stagioni in nerazzurro e in gialloblù», dice lui, bomber dell’Atalanta e dell’Hellas (dal 1982 al 1985 e dal 1986 al 1989) e, dopo, per ventisei anni, al Chievo come team manager. Lunedì, al Gewiss Stadium, il Verona affronta la squadra di Gian Piero Gasperini. Per lui, un viaggio sentimentale.
Pacione, l’Hellas di oggi come lo valuta?
«La dirigenza ha fatto un ottimo lavoro, è sotto gli occhi di tutti ciò che hanno realizzato. I risultati sono l’espressione della correttezza delle scelte. In questa stagione il Verona ha giocato tante grandi partite, ha saputo entusiasmare i tifosi con un bel calcio. Bravo Tudor, lo staff, i calciatori. Complimenti».
L’Atalanta, dal canto suo, è diventata un esempio...
«Da tempo si è consolidata ad alto livello. Quando è in giornata può battere anche l’avversario più forte, il gioco di Gasperini è formidabile. In questo campionato, magari, ha ora un piazzamento inferiore ai precedenti. Ha speso molte energie nelle coppe, ci sono stati infortuni pesanti, come nel caso di Zapata. Ma ha ormai una stabile dimensione da vertice».
Il Verona, invece, a cosa la fa pensare, d’impatto?
«A quando sono arrivato, a Ciccio Mascetti. Sono stato al suo funerale, la sua perdita è un dolore enorme. Lui era un punto di riferimento, fu lui a darmi grandi motivazioni per passare all’Hellas. Venivo dall’annata alla Juve, che era stata complicata. Mi volle Osvaldo Bagnoli e da lì iniziò una bellissima storia».
D’altronde, il Verona lei l’aveva già incrociato.
«Sì, e in partite indimenticabili. Segnai il gol del pareggio, nel 1985, per l’Atalanta, al Bentegodi. Un tiro che sorprese Garella, per noi fu un punto importantissimo. Al ritorno, a Bergamo, l’Hellas conquistò matematicamente lo scudetci to. L’ambiente era incredibile. Peraltro, all’Atalanta, col Verona, ho fatto gol nel 1989: ultimo minuto, angolo battuto da Bortolazzi, colpo di testa, rete e 1-0 per noi».
All’Atalanta si è affermato giovanissimo, giusto?
«Nel 1982 ero aggregato alla prima squadra, c’era Ottavio Bianchi in panchina. Nel 1983-84 la promozione in Serie A con il titolo di capocannoniere della B. L’allenatore era Nedo Sonetti, uomo tutto d’un pezzo. Io e Roberto Donadoni, come me agli esordi, prendemmo grosse strigliate, ma tutte fondamentali per crescere».
Bagnoli, invece?
«Carattere diverso rispetto a Sonetti, con lui sono stato anche al Genoa. Un genio tattico, studiava gli avversari, attento a tutte le idee. Avanti per i tempi, un maestro».
Pacione, ci dica: con chi preferirebbe giocare, tra gli attaccanti di Verona e Atalanta di oggi?
«Eh, come fai a decidere (sorride, ndr)? Farei una corsa in più io, sacrificandomi, per poter essere al fianco di tutti loro... Zapata e Muriel sono grandi, ma la forza di Simeone, Barak e Caprari è chiara. Lunedì mi aspetto una gara che farà divertire».
A proposito di punte: Sergio Pellissier è tornato a giocare, in Terza Categoria, con la Clivense.
«Sergio è stato un simbolo del Chievo, una figura iconica, un orgoglio. Mi fa piacere vederlo ancora in campo e gli auguro il meglio».