Stop all’hotel, è caos: si tratta con Cariverona sulle opere collaterali
Dure pressioni dietro il blocco del via libera
VERONA «E adesso che si fa?». Dopo il clamoroso stop dell’altra sera alla discussione della delibera sul nuovo hotel di via Garibaldi 1, la domanda è riecheggiata a lungo, ieri, nei corridoi di Palazzo Barbieri. L’improvvisa decisione di sospendere la discussione era arrivata dopo frenetici incontri fra i massimi leader della maggioranza: dal senatore Ciro Maschio, di Fdi (il più deciso nel proporre lo stop) al leader leghista Federico Bricolo e ai big di Verona Domani.
Proprio il capogruppo di Verona Domani, Marco Zandomeneghi, aveva chiesto, in aula, una pausa di riflessione, ipotizzando di concordare cambiamenti alla delibera anche assieme all’opposizione.
In realtà, la decisione è stata soprattutto di natura politica. Durissime le pressioni esterne, arrivate anche da mondi politicamente vicini al centrodestra. E allora stop, magari puntando a qualche emendamento che offra un’immagine migliore di questa decisione. Come? Per esempio puntando sulle scelte che Fondazione Cariverona deve fare sugli utilizzi culturali degli altri palazzi di sua proprietà. Il possibile emendamento da presentare riguarderebbe due temi: da una parte la richiesta a Cariverona di un cronoprogramma più preciso sul futuro di Castel San Pietro e del Palazzo del Capitanio. E dall’altra l’individuazione precisa dell’opera compensativa che Immobiliare Patrizia (che gestisce il palazzo di via Garibaldi per conto di Cariverona) dovrebbe realizzare e per la quale, nella delibera attuale, sono indicate 4 diverse ipotesi.
Partiamo dalla parte cultural-museale. Cariverona ha spiegato che per Castel San Pietro è prevista la sistemazione della terrazza (con ristorante) tra il 2025 e il 2026 e l’apertura, sempre tra il ’25 e il ’26, di un Urban Center con ristorante e negozi al Palazzo del Capitanio. Tutta la questione museal-culturale verrebbe invece rinviata verso il 2030. Su questo, il consiglio comunale potrebbe «caldamente invitare» Cariverona a stringere i tempi e a fissare date più ravvicinate e precise.
Quanto alle opere da realizzare in cambio del permesso per l’hotel, le ipotesi contenute nella delibera sono appunto quattro: due puntano ad eliminare il semaforo tra Ponte Pietra e la farmacia di Santo Stefano, con una passerella sopraelevata oppure con un sottopasso. L’ipotesi più ambiziosa vedrebbe la realizzazione di un traforo sotto la strada che va dalla Giarina a Ponte Pietra. Infine la quarta (e più realistica) ipotesi prevede di ampliare la carreggiata a sbalzo, ossia con una sorta di lungo balcone sull’Adige, dalla Giarina a Ponte Pietra.
Le quattro ipotesi potrebbero adesso restringersi ad una, tenendo conto anche dei costi: il «tunnel» dalla Giarina a Ponte Pietra costerebbe quasi 10 milioni, i due attraversamenti tra Ponte Pietra e la farmacia mezzo milione (il sovrappasso) o 1.300.000 euro (il sottopasso), mentre per la passerella (il «balcone sull’Adige» dalla Giarina a Ponte Pietra) basterebbe mezzo milione. Su questi temi le diplomazie sono al lavoro.
Ma sarà possibile un’intesa anche con le opposizioni? Michele Bertucco, che in aula ha svolto la controrelazione a nome di tutte le minoranze, spiega che «finalmente anche la maggioranza si è accorta che l’operazione con il mega hotel di lusso in via Garibaldi 1, nonché con appartamenti e negozi in via Garibaldi 2, all’ex Monte di Pietà e a Palazzo Catarinetti è pura speculazione immobiliare. Questa è l’origine - aggiunge Bertucco dei mal di pancia nella maggioranza che hanno portato alla sospensione del dibattito. Tuttavia è inutile farsi illusioni: Sboarina e soci stanno solo cercando una giustificazione per votare questo obbrobrio. Dopo che avranno trovato l’alibi, - conclude Bertucco torneranno in consiglio e, buoni buoni, approveranno la delibera, perché loro hanno fatto con l’alberghiero ciò che Tosi ha fatto con il commerciale: favorire la speculazione prescindendo da qualsiasi progetto di sviluppo per la città».
L’accusa Bertucco: «Si sono accorti che siamo di fronte a un’opera del tutto sbagliata»