Le fragilità dell’Europa: «Su energia e difesa serve un cambio di passo»
Moretti Polegato a Davos: «Casa comune più solida»
MONTEBELLUNA L’Europa è un’alleanza monetaria ma è ben lontana dal diventare un unico soggetto compatto anche sotto il profilo politico e militare. E questa è una faglia di fragilità che non si scopre ora ma che la guerra in Ucraina ha reso evidente in tutte le sue dimensioni, anche attraverso la tangibile ricaduta della questione energetica su ogni singolo abitante.
La bolletta, insomma, è diventata un linguaggio più chiaro e vero di ogni altro ragionamento e anche a Davos, la città svizzera sede del World Economic Forum, dal quale Mario Moretti Polegato, patron di Geox, è appena rientrato dopo avere partecipato ai lavori per la quattordicesima volta, il tema dell’energia ha chiesto come non mai diritto di precedenza.
Non è stato l’unico, chiaramente. Ma, impattando direttamente sui conti del tessuto imprenditoriale, oggi pone gli interrogativi più urgenti e trascina con sé la filiera di tutti gli altri dubbi sul senso e sul futuro della Ue. «Oggi il tema è uno solo, un’Europa più forte – sintetizza l’imprenditore di Montebelluna – e ha una consistenza tutt’altro che retorica la domanda se per il Vecchio Continente questo momento rappresenti l’alba oppure il tramonto».
Sono davvero pochi quelli che hanno partecipato assiduamente come lei al vertice di Davos. Quali sono le ragioni che hanno richiamato su questa edizione un’attenzione così accentuata? La percezione di vivere un momento di rara delicatezza nella storia della Ue è davvero condivisa?
«La domanda è quali siano i motivi per cui l’Europa sia vista come un’economia mondiale in disordine, a questo ha cercato di dare risposte Christine Lagarde, presidente della Bce. Le concause sono molte, la prima delle quali oggi è il ritardo nella ricerca di un’autosufficienza energetica. Ma abbiamo bisogno pure di nuove politiche sulla concorrenza e sul commercio, di indirizzi monetari, benché l’Euro sia la seconda moneta al mondo, e sui servizi che la Ue deve fornire ai propri membri. Membri che, al contrario, spesso troviamo impegnati non a collaborare ma a competere l’uno contro l’altro».
In tutto questo i rapporti con la Nato, visti da Davos, come dovrebbero mutare?
«Di Nato si è parlato molto. Non c’è alcun dubbio che l’Europa, pur mantenendo una storica alleanza con gli Stati Uniti, debba crearsi una forza autonoma per la difesa, mentre oggi l’80% della sua capacità militare è fornita dagli Usa. Ma non è più tempo che gli americani siano i primi attori in Europa. La dimensione nuova di questi ragionamenti, rispetto al passato, è che ora siamo d’accordo sul fatto che la metamorfosi della Ue debba essere rapida».
Vi siete posti la domanda se gli scenari prospettati a Davos siano aderenti alle aspettative delle nuove generazioni?
«Il mio punto di vista è che la Ue non sia stata capace di creare stimoli per i giovani e questo deve spingerci a una riflessione. I protagonisti dell’economia e della politica devono capire il linguaggio di chi è giovane adesso e non credo che oggi ci sia questa capacità. Se il sistema politico non riesce a relazionarsi, sorge, per reazione, un mancato impegno, un’assenza di fiducia e di riconoscimento della Ue da parte dei giovani».
Pensa ci sia una relazione tra il disincanto verso le istituzioni, anche quelle europee, e quello che osserviamo rispetto agli schemi del lavoro tradizionali? Stiamo vedendo in Veneto migliaia di casi di persone, per lo più giovani, che lasciano fabbriche e uffici inseguendo nuovi concetti di occupazione.
«Sempre più spesso abbiamo bisogno, nella produzione, di persone non europee, questo è chiaro. È urgente regolamentare le migrazioni e questo lo può fare solo l’Europa attraverso ac
Per il Vecchio Continente questo momento è un’alba o un tramonto ?
cordi con i Paesi di provenienza».
Reshoring, ossia avvicinare il più possibile le lavorazioni ai luoghi di produzione finale. Abbandonare Cina e Asia perché i trasporti sono diventati incerti e costosi. Fare Europa è anche questo?
«Troppo spesso ci focalizziamo sul problema del momento, oggi i trasporti e le materie prime, domani chissà. La realtà è che tutto è ormai sempre in ebollizione e in un quadro mondiale di continua effervescenza, a maggior ragione, c’è bisogno di una casa europea più solida ed autorevole».